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Leggi sulle droghe leggere, un problema abbandonato

Regna la confusione in Italia in materia di stupefacenti dopo gli ultimi interventi legislativi e le correzioni della giurisprudenza

Questo contenuto è stato pubblicato il 26 luglio 2014 - 22:02

Un punto è certo: in Italia l'uso della droghe leggere è limitato. Da anni la politica procede in maniera schizofrenica con aumenti di pene o depenalizzazioni, a colpi di schiaffi o carezze. E anche nel Decreto Lorenzin, divenuto legge il maggio scorso, manca una visione comune. Un testo, due interpretazioni.

La discussione dopo anni di silenzio si è riaccesa a gennaio, quando la Corte costituzionale ha reso illegittima la Fini-Giovanardi del 2006. Nessuna contestazione a livello di contenuti, solo un vizio di forma. Ma la sentenza ha di fatto annullato la legge, restituendo la libertà a molti detenuti. Una coincidenza, se così si può chiamare, quanto mai provvidenziale considerando la multa che l'Italia paga all'Europa a causa del sovraffollamento delle carceri.

L'Olanda fa scuola avendo regolamentato il fenomeno e riuscendo così a sfruttarne anche le potenzialità economiche. Valutare anche in Italia i benefici del monopolio potrebbe essere un inizio.

E a questo vantaggio economico andrebbe aggiunto anche il risparmio che si avrebbe coltivando in Italia la cannabis ad uso terapeutico che attualmente viene importata dall'estero, gravando sulle casse della Sanità. Per questo ci sono Regioni come Veneto e Abruzzo che hanno avviato coltivazioni sperimentali di cannabinoidi. Un divieto di coltivazione di cui il relatore della legge vigente, non sembra essere a conoscenza. Nel servizio interventi del senatore Carlo Giovanardi, firmatario della legge del 2006 e relatore della nuova legge, del deputato di Sel Daniele Farina e di Fabrizio Spada, direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione europea (Claudia Vanni, Laura Fazzini, Giuliano Rosciarelli).

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