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L'odissea di Dady Adluli, fuggito dai talebani

La storia di un giovane afghano, cuoco precario in un hotel a Rimini, arrivato in Italia nascosto in un camion

Questo contenuto è stato pubblicato il 10 agosto 2015 - 10:38

Dietro ad ogni profugo c'è un passato. Spesso molto doloroso.

Dady Adluli si è salvato. E' scappato ancora bambino da un'Afghanistan in guerra per trovare la sua strada in Italia. Aveva 12 anni quando ha iniziato il suo viaggio attraverso sei nazioni e oltre 7'000 chilometri. In tasca un pugno di speranze e la necessità di costruirsi una nuova vita oltre Mediterraneo. I talebani uccisero il suo babbo, che faceva il poliziotto e cominciarono a perseguitare la sua famiglia.

La mamma, le sorelle e il fratellino dovettero fuggire in Pakistan per nascondersi a casa di uno zio. Sebbene ancora bambino, Dady era l'unico maschio della famiglia in grado di cercare il modo di provvedere alla famiglia. Le frontiere le ha passate con altri profughi. A piedi attraverso le montagne, con qualche passaggio di fortuna e poi, da solo, nascosto in un camion, ha raggiunto l'Italia, un paese di cui ignorava l'esistenza. Qui, dopo le prime difficoltà, ha trovato l'aiuto di una comunità e di una casa famiglia. Oggi, la vita che cercava è riuscito a costruirla. Ha studiato all'Istituto alberghiero di Rimini e lavora come aiuto cuoco in un hotel della Riviera romagnola. "Faccio la stagione, e poi chissà – racconta – forse andrò all'estero, in cerca di un lavoro stabile, con la crisi qui in Italia non è facile. Un giorno vorrei portare la mia famiglia qui in Europa, a vivere con me".

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