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In 30 anni, “mai visto dragare il Lambro”

Parla don Antonio Mazzi; la sede milanese di Exodus inondata per la quarta volta in dieci anni, la seconda in una settimana

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Non è possibile vivere così in una città come Milano“. Sbotta forte in questa intervista a 360 gradi don Antonio Mazzi, classe 1929, fondatore della Comunità Exodus di Milano per il recupero dei tossicodipendenti. Sbotta dopo l’ennesimo disastro causato dall’esondazione del fiume Lambro, alla periferia est del capoluogo lombardo, e se la prende soprattutto con l’indifferenza della politica locale e nazionale, con l’abitudine di non “lavorare prima” ma sempre “dopo”, a disastri avvenuti, o anche talvolta mai (come in questo caso, quello del fiume Lambro, i cui problemi sono noti a Milano da oltre 30 anni).

Nell’ultima esondazione del fiume, che qui corre quasi a filo degli argini a causa del depositi di detriti e quindi dell’innalzamento del fondo, gran parte delle attrezzature della comunità (una cascina ristrutturata dagli stessi ospiti nel corso degli anni) sono finite sott’acqua e ormai sono da buttare, perché il fango ha invaso tutto: uffici, cucine, laboratori. Un disastro. E le esondazioni sembrano continuare ad essere un rischio possibile alla prima forte pioggia.

Ora riprendere il ritmo di vita della comunità sarà lungo e faticoso. Ma necessario, soprattutto per i ragazzi ospitati, ragazzi che provengono spesso da storie difficili se non disperate e che nella comunità cercano un modo di recuperare la loro vita.

Don Mazzi, una figura storica del volomtariato italiano, spesso considerato un prete scomodo e controcorrente (e la battuta gli piacerebbe molto, se non fosse che gli ricorda sempre l’acqua e i disastri che questa fa periodicamente), lancia un piccolo appello.

“Chiediamo agli amici di starci vicino, in un momento in cui la rabbia e sfiducia sono in agguato. Noi spaliamo fango da giorni e continueremo ancora fino a quando la nostra Cascina non tornerà bella come prima. Voi però, se potete, aiutateci: da soli rischiamo di non farcela. Grazie!”

Chi vuole dunque può contribuire e dal sito internet (www.exodus.itCollegamento esterno) ci sono tre possibilità, una semplice ed immediata, e poi due conti correnti ben visibili e segnalati, su cui eventualmente versare un piccolo aiuto per i lavori di recupero della struttura: che, come dice lo stesso don Mazzi, costeranno almeno 240 mila franchi. Nella speranza che la politica, anzi il Comune di Milano e la Regione Lombardia, si accorgano della situazione, e che un’altra esondazione dell’inquinatissimo fiume Lambro, che corre a pochi metri di distanza, non distrugga ancora tutto.

Claudio Moschin

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