Venezuela: Juan Guaidó rischia ora l’arresto
L'Assemblea nazionale costituente venezuelana ha approvato martedì un decreto che autorizza l'incriminazione e la revoca dell'immunità dell'autoproclamato presidente ad interim del Paese.
La decisione è stata adottata su proposta del Tribunale supremo di giustizia, che ha accusato Guaidó di aver trasgredito un divieto impostogli di lasciare il Venezuela.
Leggendo il resoconto del dibattito che ha autorizzato la misura, il presidente della Assemblea nazionale costituente (ANC), Diosdado Cabello, ha sostenuto che “è formalmente autorizzata la prosecuzione del processo nei confronti del cittadino Juan Guaidó, in modo che la giustizia, d’accordo con la Costituzione e le leggi, possa incaricarsi di applicare i meccanismi previsti nei diversi codici di procedura penale”.
“Juan Guaidó è il nulla – ha ancora detto Cabello – e si muove con atteggiamento di sfida, ma oggi sono felici i partiti che non fanno parte del suo gruppo perché gli stiamo revocando l’immunità, e noi ora stiamo agendo in base alla Costituzione”.
Teoricamente il leader dell’opposizione può da ora essere arrestato. Presagendo il peggio Guaidó, dopo aver dichiarato che “non esiste legittimità né di revocarmi l’immunità né di arrestarmi”, ha ammesso martedì che “possono cercare di sequestrarmi in qualsiasi momento”.
“Io sono qui”
In seguito all’annuncio dell’approvazione del decreto, Guaidó ha affermato che “l’illegittima ANC non ha avuto coraggio di specificare la parola ‘revoca’ (della sua immunità)”. In dichiarazioni rilanciate dal quotidiano El Nacional, Guaidó ha sostenuto che “continuano a sbagliarsi quando chiedono il plotone di esecuzione, se poi non hanno nemmeno il coraggio di mettere (la parola) ‘revoca’ nel decreto”.
Perché, ha proseguito, “dicono una cosa e poi cambiano la denominazione nel decreto costituzionale? Perché hanno paura. Pensano che tirando giù un decreto sfuggiranno alla responsabilità storica che hanno in questo momento”. Loro, ha aggiunto rivolgendosi ad un gruppo di sostenitori, “credono che attaccando me e i miei collaboratori bloccheranno la speranza di cambiamento in Venezuela. Mi hanno sequestrato il 13 gennaio, e sono qui. Mi hanno detto che mi avrebbero messo in manette, e sono qui. Ieri hanno inviato paramilitari a spararci, e sono sempre qui”.
Alludendo infine alle possibili conseguenze del decreto che lo riguarda, Guaidó ha indicato che nel caso ipotetico che il regime lo sequestrasse esiste una ‘Road Map’ che prevede le azioni da portare avanti. “Tutte le carte sono sul tavolo – ha concluso – compresa l’ipotesi di invocare l’articolo 187 della Costituzione (che prevede come forma di cooperazione l’invito di forze militari straniere nel Paese), ma sappiamo che questo dipende dai nostri alleati. A noi spetta mantenerci uniti e in mobilitazione permanente”.
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