Quel che resta dopo la guerriglia urbana a Parigi
È stato ben più di un ultimatum, come i gilet gialli avevano annunciato per celebrare i 4 mesi dell'inizio del movimento: il 18esimo atto della protesta è subito degenerato in guerriglia sugli Champs-Elysées. Cosa resta il giorno dopo.
Gravissimi i danni, distrutto il cuore del lusso da Fouquet’s a Bulgari. Pesanti le ricadute politiche, con la foto di Macron sorridente sulle piste da sci mentre i casseur imperversano indisturbati.
In poche ore il patrimonio faticosamente accumulato in due mesi di dibattito nazionale dal presidente è andato in fumo. I gilet gialli, in settimana, tramite i loro leader – da Eric Drouet a Maxime Nicolle – avevano annunciato la mobilitazione “definitiva”, quella che puntava all’Eliseo: “Tutti a Parigi”, era la parola d’ordine. I manifestanti erano poco più del minimo – raggiunto la settimana scorsa – in tutto 32 mila. Ma la percentuale di casseur “ultraviolenti, professionisti del teppismo”, come li ha definiti il ministro dell’Interno Christophe Castaner, oggi in balia degli eventi, era altissima: 1.500, secondo la prefettura.
Hanno avuto campo libero per ore, arrivando a devastare il celebre ristorante Fouquet’s stamattina, e tornare poi ad incendiarlo nel pomeriggio. Mentre dense colonne di fumo nero si levavano dal ristorante in cui Sarkozy festeggiò la sua elezione suscitando polemiche, il premier Edouard Philippe scendeva in piazza a poche centinaia di metri per confortare poliziotti e gendarmi stremati. Una scena inedita, che racconta tutta l’impotenza del governo e dello Stato. Macron, dalla montagna, è stato costretto precipitosamente a fare le valige per rientrare stasera stessa.
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