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IKEA, signore delle foreste

Una filiale di IKEA a Mosca.
Un successo planetario. KEYSTONE

I segreti del successo del gigante dell'arredamento svedese, famoso per i prezzi convenienti e il marketing aggressivo.

Da Grancia (Lugano) a Shanghai, da Dietlikon a New York, da Vernier a Abu Dhabi, da Pratteln a Manila: il logo giallo e blu dell’IKEA è ormai una presenza costante ai quattro angoli del pianeta. La multinazionale è riuscita a mettere d’accordo tutti con il suo stile, le sue proposte che si aggiornano di continuo, i suoi mobili da montare a casa e, soprattutto, i suoi prezzi stracciati.

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Sono questi gli ingredienti della formula sviluppata dal suo geniale fondatore, lo svedese Ingvar Kamprad, pioniere del consumo di massa. Fu lui a fondare, poco più di 80 anni fa, una piccola azienda che dalla Svezia è partita alla conquista del globo. “Era il più intelligente – lo ricorda Johan Stenebo, suo ex assistente – ha costruito dal nulla un gigante, più grande di quanto non si riesca ad immaginare”.

Un albero tagliato ogni due secondi

Intelligente e, tra le altre cose, precursore della delocalizzazione, come racconta sempre il suo ex assistente: durante gli anni della Guerra Fredda, dalla neutrale Svezia, riuscì a installare le sue fabbriche in Polonia. In pratica, sfruttando il legno di un paese comunista, riuscì a soddisfare le esigenze della classe media dei paesi capitalisti: un vero colpo da maestro!

Così, tra idee, colpi di genio e innovazioni, oggi IKEA è una multinazionale di proporzioni enormi. E questo gigante dell’arredamento divora un albero ogni due secondi per alimentare l’impero del mobile a buon mercato.

Ma da dove arriva questo legno? Davvero Ikea si è sempre approvvigionata solo da foreste sfruttate in modo responsabile, come sostiene la multinazionale? E come può garantire che il disboscamento delle foreste non sfugga i controlli e non sia attuato in modo selvaggio?

Sospetti sulla provenienza del legno

Secondo l’ex assistente personale di Ingvar Kamprad, del legname tagliato illegalmente avrebbe alimentato i negozi del marchio negli anni ’90. “IKEA è il più grande consumatore di legno al mondo. Per trovare il legno a prezzi che permettano di mantenere un prezzo basso per il consumatore, non si può andare per il sottile, si deve chiudere un occhio” sostiene Johan Stenebo.

E aggiunge: “Nel periodo in cui ho lavorato per IKEA, i fornitori cinesi (a corto di materia prima) hanno avuto l’idea di importare legno dalla Siberia attraverso la Cina del nord. E questo non si poteva fare legalmente!”.

La replica del gigante svedese

In risposta al suo ex manager, IKEA afferma di “non aver mai accettato legno illegale nella sua catena di approvvigionamento, in nessun momento della sua storia”.

Ma oggi a sollevare altre domande sull’approvvigionamento di legname, ci sono anche i video raccolti dalla ONG Agent Green, in Romania: paese dove anche IKEA, tra altri, si rifornisce di legname, e dove la criminalità è legata allo sfruttamento delle risorse naturali. Basti pensare che, ogni anno, scompaiono illegalmente dalle foreste rumene quasi 20 milioni di metri cubi di legno.

Il presidente della ONG Agent Green, Gabriel Păun, ha documentato il generale sfruttamento indiscriminato delle foreste nel suo paese, nonché diversi attacchi agli attivisti che cercano di difendere il patrimonio forestale.

Alcuni dei video che documentano deforestazione e danni ambientali riguarderebbero proprio foreste sfruttate da Ikea, o da aziende che la hanno rifornita in passato.

Dure le parole del presidente di Agent Green: “Visto il massacro che stanno facendo nella foresta, credo sia molto importante allertare il maggior numero possibile di consumatori e renderli consapevoli di ciò che IKEA fa realmente, al di là della pubblicità e dell’immagine che cerca di dare di sé”.

Sostituzione degli alberi abbattuti

La multinazionale però rimanda le accuse al mittente: “Non tolleriamo in alcun modo l’abbattimento illegale di alberi o altre attività illegali in nessuna delle nostre proprietà. Riguardo alle sequenze video relative alle nostre proprietà in Romania, si tratta di un esempio di tagli di sostituzione, in cui abbiamo sostituito specie non autoctone con specie autoctone per rigenerare quella particolare area boschiva. Qualsiasi operazione di taglio e raccolta avviene previa consultazione e approvazione delle autorità competenti. “

Ma oggi non è solo la catena di approvvigionamento della grande multinazionale ad essere messa in discussione. Sotto accusa, è proprio una delle idee che, a partire dagli anni ’60, ha contribuito a fare la fortuna di IKEA. La riassume, in un video del 1969, proprio il fondatore dell’azienda: “Abbiamo voluto cambiare mentalità – spiegò allora Ingvar Kamprad – Una volta comperavamo un abito che doveva durare 20 anni, ora ne compriamo due all’anno: anche per i mobili andiamo in quella direzione”.

Mobili prodotti in fretta, che in fretta si consumano, si buttano, si cambiano: negli anni 60 ciò poteva apparire come una novità entusiasmante, ma oggi? “Non è un modello sostenibile: non possiamo continuare a vivere in una società in cui tutto è usa e getta, e poi viene bruciato. Così non si risolve la crisi climatica!

La durata dei mobili si è ridotta

Molte aziende piantano alberi per compensare queste emissioni. Ma anche se crescono in fretta, prima che queste monoculture compensino l’impronta di carbonio generata, servono decenni: non c’è più tutto questo tempo!” afferma Lina Burnelius, portavoce della ONG Protect the forest

Come per la “fast fashion” – la moda veloce a prezzi stracciati – anche la “fast furniture”, così lo definiscono i suoi detrattori, deve allora cambiare passo? Un portavoce della multinazionale risponde: “Lavoriamo con impegno per mantenere i nostri prezzi bassi e fornire la migliore qualità possibile.

Allo stesso tempo, siamo consapevoli delle risorse limitate del nostro pianeta e riteniamo che la trasformazione del nostro modello di business in un approccio più circolare e sostenibile sia una delle nostre maggiori responsabilità.” Ikea assicura anche impegno ai fini della riciclabilità delle risorse, ma anche nella promozione di una maggiore longevità dei propri prodotti e, idealmente, nel loro riutilizzo in più cicli.

Basterà? “Abbiamo bisogno che grandi attori come IKEA siano all’altezza della situazione – chiosa la portavoce di Protect the forest – Dobbiamo prenderci cura del nostro pianeta: tutti, ovunque. Ma soprattutto chi ha più potere: più sei grande, maggiore è la tua responsabilità.

La presa di posizione di IKEA sul sito rsi.ch.Collegamento esterno

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