Huawei respinge tutti i capi d’accusa USA
Il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei respinge le accuse di illeciti penali ufficializzate lunedì dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, affermando di "non aver mai commesso le violazioni citate".
L’azienda, in una nota, precisa inoltre di “non essere a conoscenza di alcuna violazione” da parte di Meng Wanzhou, la figlia del fondatore e manager a capo della finanza della società.
Sulla donna, arrestata il 1° dicembre a Vancouver su richiesta degli USA, pende una richiesta di estradizione dal Canada.
13 capi d’imputazione
Le accuse mosse dagli Stati Uniti all’azienda sono di furto di tecnologia, violazione delle sanzioni americane contri l’Iran e false informazioni alle banche.
Huawei nega gli addebiti e osserva di aver chiesto, dopo l’arresto di Meng, di poter discutere i fatti emersi dalle indagini con la procura competente. Ricevendo però un rifiuto.
Il colosso con sede a Shenzhen ricorda anche che le accuse di furto di segreti commerciali era già stata al centro di una causa civile ricomposta con una transazione.
La compagnia precisa che nessuna violazione delle leggi USA citate nelle incriminazioni è avvenuta, né direttamente, né “attraverso una società sussidiaria o affiliata”.
Da parte sua, il Ministero degli esteri cinese esprime “grave preoccupazione” per l’ultima mossa degli Stati Uniti.
“Irragionevole repressione”
Pechino chiede agli USA di rimuovere la richiesta d’arresto contro Meng e non procedere con quella d’estradizione, evitando di peggiorare il percorso negativo intrapreso.
Chiede, più esplicitamente, di porre fine alla “irragionevole repressione” messa in atto contro le imprese cinesi, delle quali “proteggerà con fermezza i legittimi interessi”.
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