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Gli ex terroristi rossi italiani possono restare in Francia

Giorgio Pietrofetani all arrivo alla Corte di Cassazione francese nel maggio del 2021.
Keystone / Yoan Valat

I dieci ex militanti di estrema sinistra italiani, in gran parte ex delle Brigate rosse attivi durante gli anni di piombo in Italia, possono continuare a vivere in Francia. La Cassazione transalpina ha infatti confermato il rifiuto della Francia alla loro estradizione. Si tratta di una sentenza definitiva.

Il rifiuto della Cassazione era atteso. D’altra parte, il tribunale francese aveva già negato il 29 giugno dello scorso anno la loro estradizione chiesta dall’Italia. Si tratta di dieci ex militanti di estrema sinistra italiani, di cui otto uomini fra i quali Giorgio Pietrostefani,  membro di Lotta Continua e condannato per l’omicidio del commissario di polizia e addetto alla squadra politica della Questura di Milano, Luigi Calabresi, e due donne (le ex brigatiste rosse Marina Petrella e Roberta Cappelli).

Ecco i 10 ex terroristi rossi per i quali l’Italia chiedeva l’estradizione, negata ormai in modo definitivo dalla Francia.

Giorgio Pietrostefani: tra i fondatori di Lotta Continua, è stato condannato in via definitiva come mandante dell’omicidio del commissario di Polizia Luigi Calabresi. Fuggì in Francia alla vigilia del verdetto e si è sempre professato innocente.

Roberta Cappelli: ex Br, in Italia è stata condannata all’ergastolo per gli omicidi del generale dei carabinieri Enrico Galvaligi, dell’agente di polizia Michele Granato e del vice questore Sebastiano Vinci. 

Marina Petrella: ha anche lei un passato brigatista e una condanna per l’omicidio del generale Galvaligi, oltre che per il sequestro del giudice Giovanni D’Urso e dll’assessore regionale della Democrazia Cristiana Ciro Cirillo.

Enzo Calvitti: psicoterapeuta in pensione, ha 68 anni. Anche lui ha militato nelle Br. In Italia è stato condannato in contumacia a 18 anni di carcere per associazione a scopi terroristici e banda armata.

Narciso Manenti: Ex membro dei ‘Nuclei armati per il contropotere territoriale’, fu condannato nel 1983 all’ergastolo per l’omicidio dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri ucciso davanti al figlio 14enne in uno studio medico doveva aveva fatto irruzione per sequestrare un medico che lavorava presso il carcere di Bergamo.     

Maurizio Di Marzio: il suo nome è legato all’attentato al dirigente dell’ufficio provinciale del collocamento di Roma Enzo etrosi, nel 1981. E, soprattutto, al tentato sequestro del vicecapo della Digos della capitale Nicola Simone il giorno dell’Epifania del 1982.

Giovanni Alimonti: come Di Marzio è stato condannato per il tentato sequestro di Simone e come lui faceva parte della colonna romana delle Brigate Rosse.

Sergio Tornaghi: è stato militante della colonna milanese Walter Alasia e su di lui pesa una condanna all’ergastolo per l’omicidio di Renato Briano, direttore generale della ‘Ercole Marelli’.

Raffaele Ventura: ex delle Formazioni Comuniste Combattenti, è stato condannato a 20 anni di carcere per concorso morale nell’omicidio del vicebrigadiere Antonio Custra, avvenuto il 14 maggio 1977, durante una manifestazione della sinistra extraparlamentare a Milano.

Luigi Bergamin: ex militante dei Pac, a suo carico ha una condanna a 16 anni e 11 mesi di reclusione come ideatore dell’omicidio del maresciallo Antonio Santoro, capo degli agenti di polizia penitenziaria ucciso a Udine il 6 giugno 1978 da Cesare Battisti.

La presidente della Chambre de l’instruction aveva motivato il rifiuto con il rispetto della vita privata e familiare e con il diritto a un processo equo, garanzie previste dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, il giorno dopo, aveva però affermato che “quelle persone, coinvolte in reati di sangue, meritano di essere giudicate in Italia”. Di conseguenza, il procuratore generale della Corte d’appello di Parigi, Rémy Heitz, in rappresentanza del governo, aveva immediatamente presentato un ricorso alla Corte di cassazione, ritenendo necessario appurare se contro gli ex terroristi condannati in Italia in contumacia sarebbe stato celebrato o no un nuovo processo se la Francia li avesse consegnati.

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Lo stesso procuratore contestava la decisione del tribunale sulla presunta violazione della vita privata e familiare degli imputati.

Motivazioni dei giudici sufficienti

“La Corte di cassazione – si legge nel dispositivo annunciato martedì a Parigi – respinge i ricorsi presentati dal procuratore generale presso la Corte d’appello di Parigi contro le decisioni della Corte d’appello, ritenendo che i motivi addotti dai giudici, che discendono dal loro apprezzamento sovrano, sono sufficienti”.

La Cassazione conclude che “il parere sfavorevole sulle richieste sfavorevoli alle richieste di estradizione è, in considerazione di ciò, definitivo”.

La reazione italiana

Ecco la reazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio che in una nota prende atto della decisione: “Ho vissuto da pm in prima persona quegli anni drammatici e oggi  il mio primo commosso pensiero non può che essere rivolto a tutte le vittime di quella sanguinosa stagione e ai loro familiari, che hanno atteso per anni, insieme all’intero Paese, una risposta dalla giustizia francese. Faccio pertanto mie le parole di Mario Calabresi, figlio del commissario ucciso 51 anni fa, nella speranza che chi allora non esitò a uccidere ora “senta il bisogno di fare i conti con le proprie responsabilità e abbia il coraggio di contribuire alla verità”. 

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