Eternit, rabbia e delusione
L'annullamento della sentenza getta nello sconforto i familiari delle vittime
La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio, dichiarando prescritto il reato, la sentenza di condanna per il magnate svizzero Stephan Schmidheiny nel maxiprocesso Eternit. Sono stati annullati anche i risarcimenti per le vittime.
È stata quindi un’udienza-lampo, quella di ieri. Il processo che avrebbe dovuto svolgersi su tre giorni è praticamente finito quando il sostituto procuratore della Cassazione Francesco Iacoviello ha chiesto di dichiarare prescritta l’accusa di disastro ambientale e, di conseguenza, di annullare la condanna a 18 anni di carcere per Stephan SchmidheinyCollegamento esterno.
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“La prescrizione è una sconfitta per tutti”
Dopo l’indignazione di tutti, il senso di impotenza e di sfiducia nei confronti della giustizia italiana, c’è da chiedersi se anche la giustizia elvetica possa intervenire considerato il fatto che Schmidheiny “l’imprenditore dell’amianto” è cittadino svizzero. Su questa possibilità, abbiamo intervistato l’avvocato penalista Edy Salmina (Lugano).
Ora pubblico ministero Raffaele Guariniello, titolare dell’inchiesta in primo e secondo grado, e alle famiglie delle vittime restano due strade: il ricorso a Strasburgo e l’apertura di un nuovo filone (già si parla di “Eternit Bis”) accusando Schmidheiny direttamente di omicidio.
Il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, che era stato condannato in secondo grado a 18 anni di reclusione per disastro ambientale doloso, è una delle pesone più ricche della Confederazione, ed era l’unico imputato del processo.
Quasi 2.200 le vittime per tumore provocato dall’inalazione di polveri d’amianto nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale elvetico-belga, e tra i cittadini di Casale Monferrato, Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Settecento i malati.
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Eternit e la “vedova dell’amianto”
Secondo le indagini di Guariniello, i massimi vertici del colosso Eternit sapevano dagli anni Settanta che l’amianto provocava malattie letali e che le lavorazioni avvelenavano gli ambienti. Schmidheiny, che nel corso degli anni è divenuto un sostenitore della causa ambientale, dal canto suo, ha sempre negato di essere stato al corrente e ora chiede di non essere coinvolto in nuovi processi.
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I fatti al centro del processo risalgono al 1966. «Il processo arriva a notevole distanza di anni – ha osservato il pg – è vero che la prescrizione non risponde alle esigenze di giustizia, ma stiamo attenti a non piegare il diritto alla giustizia. Di fronte a questi, il giudice, soggetto alla legge, deve scegliere il diritto». Da qui la decisione della Corte, arrivata nella serata di mercoledì.
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