Nel 2020, all'inizio della pandemia di coronavirus, molti penitenziari italiani erano stati teatro di rivolta per denunciare le restrizioni e le condizioni in cui versano le carceri.
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Con quello di sabato a Cremona sono 59 i suicidi negli istituti di pena dall’inizio dell’anno. Le prigioni “scoppiano”, denuncia l’associazione “Antigone”.
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Nel 2020, all’inizio della pandemia di coronavirus, molti penitenziari italiani erano stati teatro di rivolta per denunciare le restrizioni e le condizioni in cui versano le carceri.
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(Keystone-ATS) Un detenuto marocchino di 31 anni, senza fissa dimora, finito dietro le sbarre con l’accusa di rapina e violenza sessuale, si è ucciso in cella alle 19.15 di sabato sera (3 agosto) nella prigione di Cremona. Dall’inizio dell’anno sono così 59 i suicidi in carcere in Italia, nove solo nel solo mese di luglio, secondo le cifre diffuse dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. A queste si aggiungono sei agenti di custodia che si sono tolti la vita.
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Il rapporto annuale sullo stato delle carceri redatto dall’associazione “Antigone”Collegamento esterno – una ONG italiana che da anni si occupa di diritti e garanzie del sistema penitenziario – e basato su visite approfondite negli istituti di pena certifica il deterioramento del sistema carcerario: celle dove si muore dal caldo, a volte senz’acqua corrente, senza luce o infestate da cimici, e un tasso di occupazione ben oltre il livello normale. “Le carceri scoppiano” si legge nel documento, che raccomanda “interventi urgenti”.
Dal rapporto emerge che il tasso di affollamento reale è al 130,6%. In cifre assolute sono circa 14’000 detenuti in più rispetto ai posti regolamentari. Ma questa è una media. In 56 strutture si supera il 150% e in otto addirittura il 190%. Fra queste c’è anche San Vittore, lo storico carcere di Milano. In quasi tre penitenziari su dieci non vengono assicurati i tre metri quadrati a persona che costituiscono lo spazio vitale minimo.
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Prigioni svizzere, affollate e con un alto tasso di suicidi
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Il sovraffollamento delle strutture colpisce molti Paesi europei. La quota di suicidi nelle carceri è però sorprendentemente alta in Svizzera (superata solo dalla Lettonia). Il nesso tra le due problematiche c’è e si cerca di correre ai ripari aumentando la sensibilizzazione sulla salute psichica.
Fra le conseguenze di questa situazione, anche la frequenza delle rivolte. Se ne contano già una dozzina dall’inizio dell’anno, come una settimana fa a Gorizia, dove un gruppo di detenuti ha dato fuoco ai materassi nella notte. Nell’incendio, una decina di persone sono rimaste intossicate.
Per la prima volta quest’anno il problema si estende anche al sistema della giustizia minorile, fino ad ora considerato immune grazie alla sinergia tra istituti penitenziari e comunità educative. L’associazione “Antigone” punta il dito contro le misure del cosiddetto “pacchetto sicurezza” del governo Meloni, una serie di norme varate nel 2023 in risposta ad una serie di problemi di ordine pubblico che ha introdotto nuovi reati e aggravato le pene per quelli esistenti.
Sono quindici le proposte del rapporto per ridare dignità alla popolazione carceraria: dal consentire telefonate quotidiane al dotare tutte le celle di ventilatori o aria condizionata e frigoriferi, passando per l’assunzione di un numero maggiore di mediatori culturali, educatori e assistenti sociali.
Il problema non tocca tuttavia solo l’Italia: è recente la pubblicazione di un rapporto annuale del Consiglio d’Europa – i cui dati risalgono al 2022 – secondo il quale la Svizzera, in proporzione al numero dei detenuti, ha il secondo tasso più alto di suicidi più alto del continente, secondo solo alla Lettonia.
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