Il peronismo torna al potere in Argentina
In Argentina, Mauricio Macri ha fallito la conferma del suo mandato di presidente alle elezioni di domenica, vinte al primo turno dal principale sfidante. Il peronista di centro-sinistra Alberto Fernández della coalizione 'Frente de todos', che avrà come vice la ex presidente Cristina Fernández de Kirchner, si insedierà alla Casa Rosada il prossimo 10 dicembre.
Al superamento del 90% dello spoglio dei voti espressi, Fernández raccoglieva il 47,80% delle preferenze, mentre Macri ne otteneva il 40,69. La differenza provvisoria era di oltre 1 milione e 700 mila voti.
Il partito Propuesta Republicana (PRO) perde anche il governo della provincia di Buenos Aires, dove un economista vicino a Cristina Kirchner ha sconfitto con il 51,98% dei suffragi la governatrice uscente Maria Eugenia Vidal (36,11%).
Alberto Fernández e Cristina Fernández de Kirchner non sono uniti da alcun grado di parentela. Sono legati da una lunga militanza politica.
Mantiene, per contro, il governo della capitale l’esponente di PRO Horacio Rodriguez Larreta, che secondo gli analisti potrebbe ora usare questo successo per sottrarre la guida dell’opposizione a Macri.
“Ma ha concluso il mandato”
Dopo la chiusura dei seggi -mentre il quartier generale del ‘Fronte di tutti’ entrava in ebollizione e le televisioni amplificavano le anticipazioni via social che davano una ampia vittoria per il ticket- la gente si è riversata sulla Avenida Corrientes di Buenos Aires, vicino al quartier generale dei vincitori, dove per ore sono risuonati slogan ostili a Macri e sventolate bandiere bianco-celesti.
I commentatori hanno sottolineato che l’uscente, eletto nel 2015, sarà ricordato almeno come primo capo di Stato non peronista che è riuscito a terminare il suo mandato.
Macri, da fine settembre, si era lanciato in una maratona di manifestazioni nelle più importanti città dell’Argentina, promettendo un “benessere per tutti” più vicino all’offerta populista che al suo modello di austerità e buon governo.
Quale Argentina lascia
Il capo dello Stato lascia un bilancio pubblico praticamente senza deficit e un terreno positivo per l’import-export, dovuto però alla forte contrazione delle importazioni. Nondimeno, il Paese si ritrova con una recessione per il 2019 del 2,7%, una crisi industriale, un aumento della disoccupazione e della povertà che coinvolge oltre un terzo degli argentini.
Una inflazione irrefrenabile di quasi il 60% strozza i salari e provoca una costante svalutazione del peso.
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