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Libano, crescono i timori per il contagio da Covid

Soccorritori lavorano su un terreno di edifici completamente distrutti e mobilio e materiale divelti
Molto materiale sanitario e dispositivi di protezione individuale erano stoccati nella zona andata distrutta. Copyright 2020 The Associated Press. All Rights Reserved.

È salito a 154 morti e 60 dispersi il bilancio dell'enorme esplosione nella zona del porto di Beirut, che ha devastato martedì interi quartieri della capitale del Libano. Mentre il Ministero della sanità libanese riferisce sabato che dei 5'000 feriti 120 sono in condizioni gravi, cresce la preoccupazione per il contagio da Covid e monta la rabbia: altre manifestazioni sono previste in giornata.

Delle 154 vittime finora accertate, 25 non sono ancora state identificate. Dei 60 dispersi, almeno 10 si cercano nella zona del porto. “Stiamo trovando brandelli di corpi, ma speriamo ancora di trovare superstiti”, ha detto all’agenzia italiana Ansa il responsabile dell’esercito libanese per le operazioni di soccorso.

I timori

A far salire la preoccupazione per il contagio da coronavirus non è solo l’afflusso enorme di feriti, che assorbe tutto il personale ospedaliero, ma anche la difficoltà di trovare materiale sanitario: almeno 17 container di dispositivi di protezione individuale, che come ogni genere di viveri e merci si trovavano nella zona del porto, sono andati distrutti nel disastro.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sta cercando di rimpiazzarlo più in fretta possibile per frenare i contagi che già prima della tragedia erano in aumento.

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Nel servizio RSI, l’intervista a Rick Brennan, direttore delle Operazioni d’urgenza OMS.

La protesta

L’inizio ufficiale delle manifestazioni di protesta di sabato è per le 16 ora di Beirut, le 15 in Svizzera, ma a metà mattinata molte persone si stavano già radunando sulla Piazza dei Martiri su invito di diversi gruppi di attivisti, che venerdì hanno percorso le strade di quartieri semidistrutti lanciano appelli col megafono e volantini, chiamando la gente a manifestare contro l’inefficienza e la corruzione del sistema politico.

Nel frattempo, la Svizzera ha inviato nella capitale libanese una seconda squadra di esperti del Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA), accompagnata da tra specialisti dell’esercito. L’aiuto elvetico si concentrerà sui settori medico e dell’alloggio, dove i bisogni sono maggiori, ha indicato sabato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Giovedì la Confederazione aveva inviato un primo team con una decina di esperti, che stanno -tra le altre cose- verificando la stabilità degli edifici.

Tra giovedì e venerdì, le proteste avevano portato tra l’altro a scontri tra manifestanti e polizia davanti al Parlamento. Mentre nella piazza già teatro di diversi raduni di massa a partire dall’ottobre scorso per protestare contro la disastrosa crisi economica le fotografie di molte delle vittime sono state incollate sabato alla base del monumento ai martiri.

Gli aiuti

Mentre il presidente del Consiglio europeo Charles Michel è arrivato a Beirut, dove ha in programma incontri con il presidente Aoun e altre autorità e visiterà il luogo del disastro, è prevista per domenica una videoconferenza internazionale di donati a sostegno del Paese. Lo ha annunciato, tra gli altri, il presidente statunitense Trump.
 

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Nel servizio RSI anche le dichiarazioni del presidente libanese  Michel Aoun, particolarmente sotto pressione, che ha evocato anche l’ipotesi di una bomba o di un missile. Respinge però la possibilità di un’inchiesta internazionale.

“Faremo una videoconferenza domenica con il presidente Macron, i dirigenti del Libano e di altri parti del mondo. Tutti vogliono aiutare”, ha twittato.
 

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