La Cina mostra i muscoli a Hong Kong
Pechino intende emanare una legge sulla sicurezza a Hong Kong che di fatto sanzionerà ogni tentativo di dissenso. Un passo condannato da Stati Uniti e Unione Europea.
Il principio ‘un Paese, due sistemi’, che regola i rapporti tra Pechino e Hong Kong dopo il ritorno dell’ex colonia britannica alla Cina nel 1997, rischia di uscire fortemente ridimensionato se il progetto di legge sarà approvato dal Congresso nazionale del popolo giovedì prossimo.
Le norme – che verrebbero aggiunte alla Basic Law, la mini-costituzione di Hong Kong, senza dovere superare lo scoglio del parlamento locale – spianerebbero la strada all’apertura nella città di un Ufficio sulla sicurezza nazionale di Pechino e sanzionerebbero ogni tentativo di “tradimento, secessione, sedizione e sovversione” contro il governo cinese, ha dichiarato il portavoce del Congresso nazionale del popolo Zhang Yesui.
Non è la prima volta che Pechino cerca di mettere una museruola simile all’ex colonia britannica: nel 2003 un tentativo fu accantonato dopo che mezzo milione di persone scese per le strade a protestare.
Negli ultimi tempi, la Cina ha però indicato più volte di volere una nuova legislazione sulla sicurezza da applicare a Hong Kong, in particolare dopo le sommosse dello scorso anno.
“Colpo fatale” all’autonomia di Hong Kong
“Questa è la più grande arma nucleare usata dal Partito comunista nella distruzione reciproca di Hong Kong”, ha reagito Jimmy Sham, leader del Civil Human Rights Front, gruppo che ha mobilitato nelle proteste del 2019 milioni di persone. Per Joshua Wong, attivista di Demosisto, il messaggio cinese è chiaro: “Stanno tentando di mettere a tacere le voci critiche a Hong Kong con la forza e la paura”.
Non si sono fatte attendere neppure le reazioni di Washington e Bruxelles. Per il segretario di Stato americano Mike Pompeo, la legge che la Cina vuole imporre sarebbe un “colpo fatale” per l’autonomia di Hong Kong. ” “Gli Stati Uniti – prosegue Pompeo – chiedono a Pechino di riconsiderare la disastrosa proposta e rispettare gli obblighi internazionali e l’autonomia di Hong Kong”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza: “L’Unione Europea – sottolinea Josep Borrell – ritiene che il dibattito democratico, la consultazione delle principali parti interessate e il rispetto dei diritti e delle libertà a Hong Kong rappresenterebbero il modo migliore di procedere nell’adozione della legislazione nazionale in materia di sicurezza, come previsto dall’articolo 23 della legge di base”.
Il servizio del TG:
Nessun obiettivo di crescita
Il futuro di Hong Kong non è però stato il solo tema trattato durante questo prima giornata del Congresso nazionale del popolo. Aprendo l’assemblea, il premier Li Keqiang ha sottolineato le “incertezze” legate alla pandemia e al contesto economico e commerciale globale.
Per la prima volta in 25 anni, la dirigenza cinese non ha così fissato nessun obiettivo di crescita per il 2020.
Pechino – ha dichiarato Li – “lavorerà per centrare gli obiettivi di sviluppo, per vincere la battaglia contro la povertà e per costruire una società moderatamente prospera sotto tutti i punti vista entro l’anno”.
L’analisi da Pechino del giornalista Gabriele Battaglia:
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