Jamal Khashoggi, un omicidio con molte domande senza risposta
Si commemora mercoledì il primo anniversario dell'uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi, avvenuta all'interno del consolato del suo paese a Istanbul.
Nella capitale turca è stato inaugurato un monumento in onore di Khashoggi. La commemorazione, intitolata “Un minuto di non silenzio”, per sottolineare la necessità di fare piena luce sugli autori e i mandanti del delitto, è iniziata alle 13:14 locali, l’ora precisa in cui nel 2018 il giornalista saudita entrò nel consolato.
Da Bruxelles, l’Unione Europea ha reso omaggio alla memoria di “un rispettato giornalista […] che continua ad essere fonte di ispirazione per giornalisti e associati con cui era in contatto per il suo lavoro”. Per bocca del portavoce del Servizio per l’azione esterna, di cui è a capo Federica Mogherini, l’UE ha poi sottolineato che “un anno dopo il suo omicidio molte domande rimangono ancora senza risposta” e ha ribadito “la necessità di garantire la piena responsabilità di tutte le persone coinvolte”, attraverso “un’indagine credibile e trasparente”.
Un appello simile è stato lanciato da diverse Ong internazionali. “Se sono seri, il principe ereditario e il suo governo devono dare prova di trasparenza e rivelare tutto ciò che sanno sulla pianificazione, l’esecuzione e sul seguito dell’omicidio di Khashoggi”, ha chiesto Sarah Leah Whitson, direttrice di Human Rights Watch per il Medio Oriente.
L’inchiesta condotta dalle autorità turche ha portato all’identificazione di 15 sospetti. La richiesta di estradizione inoltrata all’Arabia Saudita è però sempre stata respinta. In un recente editoriale pubblicato dal Washington Post, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha sottolineato che il suo paese continua “a adoperarsi per far luce sull’assassinio di Khashoggi”.
In Arabia Saudita, in gennaio si è aperto un processo nei confronti di 11 persone sospettate di essere implicate nell’omicidio. Cinque sospetti rischiano la pena di morte. Amnesty International ha però denunciato “l’opacità” nella quale si svolge il processo e ha chiesto che sia garantito un accesso senza restrizioni a osservatori indipendenti.
Appena qualche giorno fa, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman – che secondo alcuni è il vero mandante dell’omicidio – si è dal canto suo assunto la responsabilità politica del crimine, poiché questo “si è svolto sotto il mio regno”. Tuttavia, bin Salman ha sottolineato di essere stato messo al corrente solo in seguito dell’accaduto.
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