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Mamma Erasmus e il suo progetto di pace

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La pedagogista Sofia Corradi con alcuni studenti Erasmus tvsvizzera

Il programma europeo di mobilità studentesca Erasmus (European Region Action Scheme for the Mobility of University Students), attualmente allargato a tutto il mondo, è una istituzione popolarissima nell'ambiente universitario e non solo.


Muove trecentomila studenti l’anno, che si scambiano tra gli atenei di diversi paesi e diversi continenti – anche la Svizzera ne è partner.

Questo popolo di ‘erasmiani’ che sfiora ormai i nove milioni di studenti e cresce al ritmo di un milione ogni triennio e anche di più, il trend sale costantemente, è il frutto del lavoro appassionato e ostinato – ed è anche l’orgoglio – di una donna, la professoressa pedagogista Sofia Corradi – ‘Mamma Erasmus’ per i suoi tantissimi studenti – che ha combattuto una guerra solitaria lunga diciotto anni, prima di veder realizzato il suo programma “di pace e di conoscenza amichevole tra i popoli”, per definirlo con sue parole, varato ufficialmente nel 1987.

Sofia Corradi, che oggi ha 84 anni, nella sua battaglia donchisciottesca per la promozione della mobilità studentesca, armata di promemoria ciclostilati, è arrivata ad inseguire letteralmente, correndo, i dirigenti ministeriali nei corridoi per persuadere della necessità della sua proposta didattica, le cui ragioni di fondo, come ha spesso ripetuto e anche fissato in quei ciclostilati, sono scritte nero su bianco nella Costituzione italiana. Carta – la Costituzione – che la professoressa ha usato come un’arma, citandola, ricorda, ‘ad ogni piè sospinto’. 

Di ciclostilati ne ha copiati a decine, per spedirli via posta o passarli brevi manu a rettori, ministri dell’istruzione, diplomatici, accademici, scienziati e giornalisti. Ogni persona di cui faceva conoscenza, in ogni occasione, in Italia e all’estero, nei congressi internazionali. Nonostante il suo impegno, la genesi del programma Erasmus è stata tutt’altro che scontata e per dare il senso dell’immobilismo in cui versavano le istituzioni in quel periodo, basti pensare che nessuno dei dirigenti amministrativi di peso che avrebbero potuto aiutarla, che le si mostrarono invece ostili, è vissuto abbastanza per assistere alla creazione del programma. 

Eppure mamma Erasmus portava avanti istanze chiare, lapidarie. ‘L’unione tra i popoli come garanzia di un futuro di pace, da perseguire attraverso la conoscenza reciproca’.


L’origine del progetto

Il fatto di essere tra i nati in quel breve momento di pace tra le due grandi guerre, una manciata di anni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, deve aver messo Sofia Corradi nella naturale predisposizione di perseguire la pace, concretamente, e di farne una missione per la vita. Sofia Corradi, da bambina, sul litorale di Anzio, sulla costa non molto a sud di Roma, con non poche apprensioni dei genitori, giocava con i coetanei a tuffarsi in mare, usandoli come trampolini, da dei carri armati, ‘sventrati’, abbandonati sulla linea del bagnasciuga. Sotto il peso di quegli enormi cingolati, le onde avevano scavato profonde e invitanti pozze.

Era da poco conclusa la seconda guerra mondiale. L’Europa era piena di residuati bellici e proprio dalla vendita all’asta di quei resti metallici, che tanta morte avevano provocato in attività, per un glorioso quanto bizzarro destino, vennero finanziate le prime borse di studio Fulbright che permisero a Sofia Corradi, quando era ormai ragazza, di partire per gli Stati Uniti per un anno accademico di studi alla Columbia University. Di ritorno da quella esperienza, che tanto l’aveva fatta crescere, ebbe una brutta sorpresa, l’università italiana non volle riconoscergli gli esami sostenuti all’estero, costringendola a ripeterli.

Una volta laureata si meravigliò della rapidità della sua carriera lavorativa, più brillante rispetto ai suoi colleghi di studio. Con molta modestia attribuì i meriti all’esperienza di studio all’estero. Si persuase allora che dovesse essere generalizzata e, soprattutto, nessuno studente avrebbe dovuto sostenere gli esami due volte  come era accaduto a lei. Gli atenei, al contrario, in nome di una reciproca fiducia tra istituzioni, avrebbero dovuto riconoscere quei crediti.

Mamma Erasmus, riuscita nella sua impresa, non si è fermata. Ha cercato conferma della validità della sua tesi che gli erasmiani avrebbero tratto vantaggio concreto dall’esperienza estera. Per questo, la professoressa ha intervistato tutti gli studenti che è riuscita a raggiungere per raccogliere da loro le impressioni sul programma Erasmus, ricevendo spesso testimonianze entusiastiche e ringraziamenti. Le statistiche, inoltre, le hanno dato ulteriore conferma provando infatti che, effettivamente, gli studenti erasmiani hanno una carriera più rapida e brillante rispetto agli altri e arrivano più facilmente a ricoprire ruoli dirigenziali.

Il programma Erasmus – per la cui ideazione Sofia Corradi è stata insignita di molti premi e riconoscimenti, anche internazionali, che tuttora continuano ad arrivare – sta dilagando, grazie alla sua immediatezza e praticità.

E’ considerato da alcuni studiosi il primo valido esperimento di cittadinanza europea e, dopo l’allargamento del progetto all’imprenditoria giovanile, fino ai 35 anni di età – Erasmus plus – , si candida ad essere un motore che non si limita all’aspetto culturale. Anche la UE ha recepito il messaggio e dimostra di credere nel programma. Il prossimo bilancio, 2021-2017, avrà 30 miliardi di euro di fondi, il doppio del precedente. 

Altri sviluppi

La rete ERS (Erasmus Student Network) 

Gli studenti che tornano dall’Erasmus, portandosi non poca nostalgia, spesso non vogliono abbandonare del tutto il programma e confluiscono nella rete ESN. Un’organizzazione no-profit che si forma in modo spontaneo nelle università che aderiscono al programma. Viene portata avanti, in modo volontario, dagli studenti e si propone di offrire agli erasmiani ogni genere di aiuto. Non secondariamente è una rete di amicizie, non solo per chi affronta il periodo di studi lontano da casa.

Si occupa, tra l’altro, di organizzare gite e visite culturali per favorire la conoscenza dei luoghi caratteristici e la cultura del paese ospitante. Per chi è tornato dall’esperienza estera è anche un modo per non dimenticare e rivivere le emozioni vissute, per tener vive le lingue acquisite, per tesaurizzare l’esperienza del programma Erasmus

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