Un Natale senza zampognari
Primo anno senza novene natalizie a causa della pandemia. Una tradizione che non si fermò neppure durante la guerra.
“La tradizione meridionale degli zampognari che, prima di Natale, vanno nelle case delle persone a portare la novena è antichissima: possiamo datarla almeno all’inizio del XVIII secolo”.
Giuseppe Mauro, musicista e storico delle tradizioni musicali campane, coglie ogni occasione utile, in questo anno di emergenza sanitaria, per scendere in strada e suonare con il suo compagno di lavoro una musica che per molti napoletani è il sinonimo stesso del Natale.
“Anche durante la Seconda guerra mondiale – spiega – si trovò il modo, almeno una volta, di rendere omaggio alla Natività facendo entrare gli zampognari in casa. Quest’anno è diverso e, per un discorso di sicurezza, non si può”.
Così, le strade del centro storico di Napoli in questo Natale rimangono vuote: non ci sono gli zampognari che suonano la novena – il canto che, nella tradizione evangelica annuncia la nascita del Bambin Gesù – e non ci sono i turisti che da anni accorrono per la tradizionale fiera dei presepi di San Gregorio ArmenoCollegamento esterno.
Quest’anno però, per conservare la tradizione, la novena gli zampognari l’hanno portata nei parchi e nelle piazze della città. “Ne sentivo quasi il bisogno – spiega una giovane mamma che si ferma ad ascoltare i musicisti insieme alla sua piccola – perché mi riporta ai momenti della mia infanzia. Per me il Natale è questo”.
Il servizio da Napoli:
tvsvizzera.it/fra con RSI
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