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Sgomberabile la sede di CasaPound a Roma

Gruppo di persone lungo il marciapiede davanti a stabile di 6 piani di inizio 900 con bandiere italiane esposte
Sostenitori del movimento riuniti davanti allo stabile giovedì scorso, dopo che il gip ne ha disposto il sequestro. Keystone / Giuseppe Lami

In Italia, torna al centro di infuocate polemiche un palazzo di sei piani nel centro della capitale, occupato dal 2003 da CasaPound. I vertici del movimento politico di matrice neofascista sono indagati dalla Procura di Roma per occupazione abusiva e per associazione a delinquere finalizzata all'istigazione all'odio razziale.

Il giudice per le indagini preliminari aveva disposto giovedì il sequestro preventivo dell’immobile. Il palazzo in via Napoleone III è considerato dagli inquirenti il “quartier generale”, la base logistica di un’associazione a delinquere. Completate le procedure per la notifica del provvedimento, può essere fatto sgomberare da questa settimana. L’ultima parola spetta al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza.

Uomo con testa rasata, barba lunga e occhiali da sole punta il dito contro la camera: dietro, palazzo con bandiera italiana
Gianluca Iannone, uno dei leader del movimento, è tra i 16 indagati. Keystone / Giuseppe Lami

Sull’occupazione dell’edificio, la Corte dei conti ha calcolato un danno erariale di oltre 4,5 milioni di euro e ha già citato a giudizio otto dirigenti statali del Demanio e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (proprietario del palazzo). Non avrebbero messo in campo, in 15 anni, nessuna misura per riscuotere il canone, né per ritornare in possesso dell’immobile.

“Emergenza abitativa”

Mentre la sindaca della capitale Virginia Raggi parla di “una grande vittoria per tutti i romani”, il portavoce di CasaPound Simone Di Stefano -uno dei 16 indagati- antepone la necessità di un alloggio per la ventina di famiglie che vivono nell’edificio.

“Non c’è destra e sinistra nell’occupazione. Noi pensiamo che non ne vada sgombrata nessuna, finché lo Stato non mette in campo le sue risorse per la casa”, dichiara Di Stefano. “Sgombrare questi palazzi vuol dire che poi semplicemente queste persone occuperanno un altro posto.”

Nel 2007, l’allora giunta capitolina -sindaco Gianni Alemanno- inserì il palazzo nella lista delle strutture con persone che necessitano di aiuto, ma l’auspicato acquisto dal Demanio per oltre 10 milioni di euro non si concretizzò anche per la reazione delle forze politiche d’opposizione.

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Oltre alle famiglie -una sessantina di persone in tutto- lo stabile ospita i vertici del movimento di destra, chiamato a rispondere di istigazione all’odio razziale. Accusa respinta da Di Stefano, che riconosce solo un’azione di “contrasto all’immigrazione”.

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