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“Da questa crisi nasce forse una nuova forma d’organizzazione politica”

foto di gruppo per il nuovo governo italiano
Foto di gruppo per il 66esimo governo della Repubblica italiana. Copyright 2019 The Associated Press. All Rights Reserved.

Da sempre l'Italia ha avuto una strana capacità di innovare nelle forme politiche. Un'innovazione – afferma l'antropologo Fabrizio Sabelli – che potrebbe ritrovarsi nel nuovo governo a trazione Movimento 5 Stelle e Partito democratico. Intervista.

Le trattative che hanno portato alla formazione del nuovo governo italiano, ricordano un po’ il modus vivendi della Prima Repubblica. Non necessariamente un male, sostiene l’antropologo Fabrizio Sabelli. La novità è però a suo avviso un’altra: l’ambivalenza tra impegno politico e capacità tecniche di buona parte dei membri del nuovo gabinetto.

tvsvizzera.it: Di crisi di governo e di cambi di maggioranza l’Italia ne ha conosciute tante. Questa volta è stato diverso?

Fabrizio Sabelli: Ho l’impressione che si sia ritornati un po’ alla Prima Repubblica. Come modalità di crisi, di negoziazione, di spirito politico. In passato di cambiamenti e di voltafaccia ce ne sono stati tanti. Penso ad esempio ad Andreotti e alla vecchia guardia democristiana.

Dopo c’è stato il periodo berlusconiano che ha interrotto un po’ tutto questo bailamme. Adesso secondo me torniamo un po’ a questo tipo di politica, che è molto più flessibile, più prevedibile in un certo senso, perché le negoziazioni sono in parte segrete, anche se meno segrete rispetto a quei tempi, per via dei nuovi media.

Personalmente lo ritengo un progresso, perché malgrado tutte le crisi di quell’epoca, l’Italia funzionava piuttosto bene. Insegnavo a Ginevra e tutti erano sbalorditi di come un paese come l’Italia riuscisse a primeggiare sul piano economico, malgrado dei governi che cadevano ogni sei mesi. Oggi secondo me torniamo un po’ a quel tipo di politica.

Fabrizio Sabelli
Fabrizio Sabelli vive tra Roma e Ginevra. Fabrizio Sabelli

Non pensa che i cittadini siano un po’ stufi di questo trasformismo, di questo tipo di sistema?

Sono sempre un po’ scettico quando si attribuiscono ai cittadini sentimenti o giudizi non convalidati su base scientifica. È del resto su questo che si basa in gran parte la politica di Salvini: “Il popolo è con me”. Si prende sempre il popolo come garante di una linea politica, ma in realtà sono slogan propagandistici.

Le faccio un esempio: in Italia i non votanti sono praticamente il partito più importante. Non si menzionano mai, ma sono tantissimi. In qualche modo, nel loro silenzio, nella loro passività, esprimono un giudizio e di fatto sanzionano un sistema. Con questo nuovo governo, credo che una gran parte di non votanti diventerà di nuovo attiva. Se il programma di governo si tradurrà in decisioni che avranno un influsso in materia di disuguaglianza e di onestà nella gestione economica, credo che i non votanti diventeranno gli attori principali di questo paese.

In un’intervista che aveva rilasciato sette anni fa al giornale svizzero Le Temps dopo il terremoto che aveva scosso l’Emilia-Romagna e quando al potere c’era Mario Monti, concludeva dicendo: “Questo paese ha sempre dimostrato di riuscire a trovare grandi risorse nei peggiori momenti della sua storia”. È ancora così ottimista?

Sì. Mi sembra che questa crisi abbia generato una nuova forma di organizzazione politica, diversa da tutte le altre nella storia italiana. Leggendo la composizione del nuovo governo, sono rimasto sorpreso in bene, salvo per il povero Di Maio, che non si capisce bene perché stia lì. Sono persone competenti, ma nello stesso tempo sono politici. Leggevo i loro curriculum vitae e sono rimasto sorpreso per questa ambivalenza tra il loro impegno politico e le capacità tecniche. Non è più né un governo tecnico né un governo politico. È questa l’innovazione che mi sembra interessante.

L’Italia ha questa stranissima capacità di innovare nelle forme politiche. Nel bene e nel male, naturalmente. Il fascismo del resto lo abbiamo inventato noi. Anche quando l’Italia non esisteva, ci sono state esperienze politiche che hanno influenzato molti altri paesi. Penso ad esempio al Piemonte, osservato con attenzione all’estero. Credo che tutto ciò sia dovuto alla ricchezza storica, letteraria e filosofica che l’Italia ha sempre avuto.

Giurista e antropologo, Fabrizio Sabelli è nato nel 1940 a Roma. Durante la sua carriera ha insegnato in numerose università, tra cui all’Istituto di alti studi internazionali e dello sviluppo di Ginevra, di cui è professore onorario, e all’Istituto di etnologia dell’Università di Neuchâtel.

È autore di diversi saggi pubblicati in Francia ed in Svizzera e tradotti in varie lingue.

Ha al suo attivo anche due romanzi, intitolati C’era una volta a Positano e Le pezze a colori di Trastevere. Un terzo è in preparazione.

Da antropologo, qual è il suo sguardo su quanto avvenuto in Italia nelle ultime settimane e mesi?

Gli antropologi si divertono a tirare fuori ipotesi che i giornalisti e gli analisti politici, che si basano su informazioni affidabili, generalmente non affrontano.

È stato un percorso molto strano, con al centro una personalità come Salvini, che ha indiscutibilmente delle qualità come uomo politico e come comunicatore. Tutta la confusione di questo anno e mezzo di governo nascondeva però un’incapacità profonda di governare.

Il paese era un po’ in balia di sé stesso o meglio delle mafie. L’Italia è un paese dove i poteri occulti sono ancora molto forti. La ‘ndrangheta domina economicamente una parte del paese. Solo a Roma ha investito 50 miliardi di euro. È un potere spaventosamente forte. Nell’analisi politica questi aspetti non vengono mai fuori. Invece secondo me quel governo, dominato dalla figura di Salvini, era condizionato in parte da questi poteri.

Sono accuse molto forti…

Ripeto, sono ipotesi, ancora tutte da verificare sul piano giudiziario. Anche se nessuno può contestare il fatto che le mafie siano molto potenti. Ormai non gestiscono più solo il traffico di droga, ma agiscono nel settore immobiliare, industriale o ambientale. Investono ad esempio nell’eolico. Durante tutto questo anno sono trapelate notizie abbastanza allarmanti sui rapporti tra la Lega e questi poteri.

“Questa crisi è dipesa anche in gran parte da fenomeni extra-politici”

Questo dossier secondo me è stato determinante nella crisi attuale. Nessuno mi toglie dalla testa che Salvini, quando parlava di avere pieni poteri, non intendeva tanto fascismo o altre stupidaggini simili, ma voleva prima di tutto controllare il sistema giudiziario e non avere più tra i piedi un ministro della giustizia 5 stelle che aveva visioni completamente diverse dalle sue. È una crisi a mio avviso dipesa anche in gran parte da fenomeni extra-politici.

Durante questa crisi c’è stata anche una dimensione teatrale, quasi mitologica, con ad esempio Salvini che sventola il rosario. Cosa ne pensa?

Nella mitologia il riferimento all’extra terreno era molto forte. In qualche modo, questo personaggio che ha animato un anno di politica si è molto ispirato – non lui probabilmente, ma i suoi consiglieri in comunicazione – a certi fatti mitologici o a entità extra terrene.

Penso ad esempio al popolo. Questo popolo che Salvini menziona sempre, di fatto è un’entità astratta, quasi soprannaturale, poiché non è convalidata da nessuna base scientifica. I sondaggi che lo danno vincente, sono un’espressione del tutto marginale rispetto alla realtà sociologica. Questo perché nei sondaggi i non votanti non esistono. Però, per un effetto di comunicazione strategica diventano determinanti. È come se il 33% di coloro che dicono di voler votare Salvini fossero il popolo. È un atto di magia sociale, non è più una verità sociologica o storica.

Dopo i risultati delle Europee, Salvini si è forse visto in un invincibile Achille, dimenticandosi però di avere un tallone, la Costituzione.

È un fatto importantissimo. Credo che se noi osserviamo attentamente la storia italiana, ci rendiamo conto a che punto questa nostra Costituzione ci abbia salvati tantissime volte. Io sono abbastanza certo che Salvini non l’abbia mai letta o se l’ha letta non abbia valutato l’importanza della visione storico-filosofica, dei valori che la Costituzione italiana contiene. Come l’ha mostrato il referendum perso da Renzi, gli italiani sono molto attaccati a questa Costituzione.

Sono molto perplesso sul fatto di volerla modificare di nuovo. Non vorrei che alla volontà di tagliare il numero di parlamentari – che può anche essere giustificato – si aggiungesse la modifica di altri articoli, così come aveva tentato di fare Renzi. In questo caso credo che gli italiani rifiuterebbero.

Matteo Salvini, che almeno per il momento sembra essere il grande sconfitto, ha evocato i poteri forti, ha giocato la carta della congiura anti-sovranista ordita dall’Europa e dai mercati. Al di là di questa retorica complottista, lei in tempi non sospetti (in particolare nei due libri che ha pubblicato assieme a Susan George alla fine degli anni ’90, La Svizzera in vendita e Crediti senza frontiere. La religione secolare della Banca Mondiale) aveva già puntato il dito contro la mondializzazione e il suo influsso sugli Stati e sulla democrazia. In fondo, il leader della Lega afferma tesi analoghe.

All’epoca, io e Susan George avevamo effettivamente preso una posizione quasi trumpiana. Oggi me ne pento. La critica della mondializzazione mi sembrava giustificata, ma non mi rendevo conto delle conseguenze di una posizione politica di questo tipo.

Gli scambi commerciali non sono in sé stessi portatori di squilibri e di ingiustizie. Lo diventano quando sono dettati unicamente dall’interesse di pochi, che detengono il grosso della ricchezza. Avevamo sicuramente in parte ragione nel denunciare questa situazione, ma non ci siamo resi conto che condannando in quel modo la mondializzazione avremmo potuto essere complici in qualche modo di un ritorno di forme totalitarie come quelle che si stanno annunciando in certi paesi.

In Italia Salvini è costretto all’opposizione, in Gran Bretagna Boris Johnson è sconfessato dal parlamento, nei due Länder tedeschi in cui si è votato una settimana fa l’Afd è avanzata ma non ha conquistato la maggioranza… Alcuni hanno visto in questi episodi la vittoria della democrazia liberale su populismi e sovranismi. Qual è la sua analisi?

Il sovranismo populista è sicuramente una forza determinante in molti paesi. Ed è in parte giustificato da tanti fenomeni di ingiustizia sociale, non solo per via dell’immigrazione. Le disuguaglianze portano anche a questo.

Mi sembra però di constatare che attualmente in diversi paesi nella dialettica dei rapporti di potere ci sia un ritorno non del neoliberalismo, ma di un tipo di politica molto più sensibile alle disuguaglianze sociali e all’ambiente.

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