Non si placano le polemiche in Italia sul rimpatrio del generale libico criminale di guerra
Il ministro della giustizia italiano Carlo Nordio.
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Prosegue in Italia la polemica sul caso del generale libico accusato di crimini di guerra, arrestato in territorio italiano e poi rispedito in Libia: piovono accuse sulla premier Giorgia Meloni.
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tvsvizzera.it/mrj con RSI
In Italia, si è riaccesa la polemica sul caso Elmasry, il generale libico accusato di crimini di guerra prima arrestato e poi riportato a Tripoli su un aereo di Stato. Il ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio ha attaccato la Corte penale internazionale: da loro, ha detto, richiesta irrazionale e contraddittoria: “La Corte si è riunita cinque giorni dopo per dire che il primo mandato d’arresto era completamente sbagliato perché avevano sbagliato la data del reato”.
Nordio, insieme alla premier Giorgia Meloni e al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è indagato con l’accusa di peculato e favoreggiamento per aver aiutato il generale a evitare il mandato di cattura internazionale.
Matteo Renzi, il segretario di Italia Viva ha detto in aula: “Giorgia Meloni ha definito i trafficanti di uomini come i nuovi mafiosi. Lei aveva il boss dei boss, lo ha preso e lo ha riportato indietro. Cosa vuol dire questo politicamente? Che da oggi Giorgia Meloni non può più parlare d’immigrazione”.
Il servizio del TG 20.00 della RSI del 5 febbraio 2025:
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Njeem Osama Elmasry era ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra, e violenze in diverse prigioni di Tripoli di cui è responsabile. Era stato arrestato dalla polizia italiana il 19 gennaio, ma poco dopo liberato e riportato in Libia con un volo di Stato.
Un rimpatrio che Piantedosi giustifica con l’urgenza della situazione: “È stato necessario agire rapidamente proprio per i profili di pericolosità riconducibili al soggetto e per i rischi che la sua permanenza in Italia avrebbe comportato, sopratutto per la sicurezza dei cittadini italiani e degli interessi del nostro Paese all’estero”.
Spiegazioni che non convincono ancora tutti. Una battaglia politica destinata a continuare, in attesa che il Tribunale dei Ministri decida se proseguire o meno con l’indagine nei confronti della premier e dei due ministri. In quel caso sarà il Parlamento a dover dare o meno il via libera.
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