Gli investimenti controversi di Genova per accogliere le grandi navi della svizzera MSC
Il porto di Genova sta costruendo una gigantesca diga che permetterà l’attracco delle nuove mega-navi portacontainer. Questo costosissimo e controverso progetto è un regalo alla potente azienda elvetica, sempre più presente in Liguria? Reportage.
Dal tetto di un palazzo del quartiere popolare di Sampierdarena osserviamo tutta l’estensione del porto di Genova: 22 chilometri tra il centro storico e il terminal marittimo di Prà/Voltri. È qui che vive Silvia Giardella, presidente del Comitato lungomare Canepa che da tempo chiede alla città di compensare i disagi causati dal traffico e dal porto: “Siamo consapevoli dell’importanza dello scalo, ma il problema è che non sono mai state messe in atto dalle autorità misure di compensazione per mitigarne l’impatto”.
La situazione potrebbe peggiorare ulteriormente con la costruzione di una nuova diga foranea che, entro il 2026, consentirà anche l’attracco delle mega portacontainer, lunghe 400 metri. Si tratta del più grande progetto infrastrutturale in Italia, finanziato dalle autorità pubbliche per un costo stimato di 1,3 miliardi di euro.
I lavori estenderanno il bacino d’ingresso del porto da un diametro attuale di 550 metri a 800 metri. La base della diga poggerà sul fondale marino ad una profondità record di 50 metri e, nella sua configurazione finale, raggiungerà una lunghezza totale di 6’200 metri. Misure che preoccupano anche Alberto Panetta, per quasi quarant’anni dipendente per l’autorità portuale: “Mi indigna la disproporzione tra la cittadinanza che chiede misure di compensazione e le multinazionali che pretendono di utilizzare un bene pubblico – il porto – da cui trarre benefici enormi, ma senza lasciare nulla in cambio”. Il suo sentimento è che la diga voglia favorire un unico grande attore: “L’unica ragione per cui le si vuole fare arrivare anche qui è per aiutare il gruppo svizzero Mediterranean Shipping Company (MSC)”.
Altri sviluppi
La famiglia più ricca in Svizzera è italiana
Le mani sul porto
Basata a Ginevra, MSC è leader mondiale nel settore delle navi portacontainer. Negli ultimi anni, la società ha investito miliardi nell’acquisizione di aziende della catena di approvvigionamento globale. Un processo che si è intensificato dopo la pandemia, come spiega negli uffici della sua società Gian Enzo Ducci, ex presidente degli agenti marittimi italiani e professore di management marittimo all’Università di Genova: “Si è assistito all’esplosione dei noli marittimi, ossia il costo per occupare uno spazio sulla nave. Ciò ha permesso ai pochi armatori globali rimasti di guadagnare diversi miliardi di dollari. Soldi che sono poi stati investiti verticalizzando la filiera logistica alla ricerca di nuove nicchie di guadagno”.
Questa situazione globale è particolarmente amplificata a Genova, dove MSC ha la sua sede italiana in un nuovo edificio in vetro blu che si affaccia sulla Lanterna, l’antico faro simbolo della città. Dall’esterno di questo grattacielo osserviamo il modello di una delle sue 800 navi. Proviamo ad entrare, dopo che le nostre richieste di intervista in Italia sono risultate vane. Veniamo subito fermati dalla ricezione. Dalla sua sede mondiale di Ginevra, MSC spiega che la nuova diga del porto di Genova “è un’opera fondamentale, perché permetterà di accogliere navi più grandi e di ultima generazione che altrimenti non vi avrebbero accesso, migliorando così il funzionamento del porto nel suo complesso”.
Un gigante dei mari, ma non solo
MSC è forse la più grande multinazionale al mondo di cui si conosce meno. La famiglia proprietaria degli Aponte – patrimonio stimato 20 miliardi di franchi – è nota per essere poco loquace. La società è stata fondata dal campano Gianluigi Aponte a Ginevra, dove si era trasferito dopo il matrimonio con la figlia di un banchiere.
Nata nel 1970, MSC è oggi il leader globale dei portacontainer. Il gruppo non domina solo gli oceani: Aponte, per tutti il Comandante, sta investendo una raffica di miliardi per controllare tutti gli anelli della filiera logistica mondiale: porti, navi e altri mezzi su gomma, aria e rotaia. Afine 2013, ha ultimato la scalata dei treni Italo. Un’operazione da 4 miliardi di euro a margine della quale Il Messaggero ha pubblicato il segreto finanziario meglio custodito di Svizzera: l’utile netto della holding elvetica, 36 miliardi di euro nel2022! Sei volte Nestlé e Novartis, per dire.
All’uscita della stazione sorge il monumento di Cristoforo Colombo. In fondo, in questa storia, è lui che ha aperto la strada. Qui abbiamo appuntamento con Riccardo Degl’Innocenti, un esperto di portualità. Per lui il progetto della nuova diga nasce da un errore di fondo: “Si è rivolto lo sguardo al mare e non alla terra, ovvero si sono contate le navi e non le merci. A Genova, la movimentazione dei container è stagnante perché l’economia italiana di riferimento non tira più”.
Per l’esperto, l’opera pubblica favorirebbe gli interessi privati di MSC: “Il beneficiario pressoché unico del progetto è terminal Bettolo, in concessione a MSC. Qui le sue mega-navi non possono per ora arrivare, ma queste possono già scalare nei terminal a ponente che, però, non sono nelle mani di Aponte bensì dei suoi concorrenti PSA (Port of Singapore Authority) e Maers. Ecco che la nuova diga gli renderebbe quindi grande servizio”. Sotto la Lanterna, la presenza del gruppo elvetico è sempre più ingombrante: “Direttamente o attraverso partecipazioni, MSC possiede tutto, dalle portacontainer alle crociere, dai traghetti ai rimorchiatori, fino ai terminal. È un oligopolio che suscita preoccupazione”.
Stagnazione dei traffici
La crescente presenza di MSC sta causando preoccupazioni anche tra i camalli, i lavoratori portuali, noti per il loro carattere combattivo. José Nivoi, rappresentante del sindacato USB, ha annunciato scioperi alla GNV, una compagnia di traghetti di cui MSC detiene la maggioranza: “Chiediamo migliori condizioni per i lavoratori part-time, il cuore pulsante dell’azienda”. Il settore logistico si è globalizzato, concentrato, liberalizzato, automatizzato, ma la Merce e i suoi padroni devono fare ancora i conti con loro, i lavoratori. E la nuova diga?, chiediamo: “Il mercato è stagnante perché siamo in una fase di deindustrializzazione. Lo vedo semplicemente come un regalo ad Aponte”, sintetizza il sindacalista.
Le difficoltà del porto sono confermate da Marco Doria, ex sindaco di Genova per il centrosinistra tra il 2012 e il 2017, ora professore di storia economica all’università. Ci accoglie in ateneo nei vecchi magazzini del porto, a pochi passi dal mare, e dispone sul tavolo alcuni grafici: “Le cifre mostrano una relativa stagnazione dei traffici in porto negli ultimi anni. Ciò è sicuramente dovuto al fatto che l’economia italiana non cresce”.
Il professore racconta che a Genova fu costruito il primo terminal container del Mediterraneo, nel 1969. Poi, mentre il contenitore divenne uno dei timoni della globalizzazione, Genova perse un po’ la rotta: “Negli ultimi anni ci sono stati degli sviluppi importanti con la creazione di nuovi terminal e l’arrivo dei principali attori internazionali e di navi sempre più grandi”. Il professore non si sbilancia sulla nuova diga. S’interroga però su come sarà il futuro del porto nel contesto di questo gigantismo navale guidato da MSC: “I grandi armatori hanno tutti i vantaggi ad avere navi sempre più grandi. Vi è però un rovescio della medaglia, che è quello che paga la comunità: per il fatto che sono le casse pubbliche a finanziare buona parte delle opere a terra e per i problemi d’impatto, ambientali e sul territorio, che la corsa alle mega-navi comporta”.
Ecosistema minacciato
Camminare oggi per il porto significa essere soffocati dal traffico dei camion che trasportano la maggior parte dei container che vi transitano, dato che la rete ferroviaria è poco sviluppata. Le autorità politiche e portuali hanno fatto di tutto per vedere nella costruzione della nuova diga una svolta decisiva per il futuro di Genova. Tuttavia, il progetto è contestato per il suo impatto ambientale, non solo sulla città ma anche sui fondali marini. “La diga andrebbe a incidere sui movimenti d’acqua di uno dei più grandi canyon sottomarini del Mediterraneo, con un impatto ambientale notevole, interferendo con le funzioni fondamentali dell’ecosistema dell’intero mare”, afferma Maurizio Wurtz, biologo marino e professore universitario in pensione, mostrando una serie di mappe. “Il mare non è stato considerato come un ecosistema ma solo come una via per il commercio marittimo su larga scala”, critica l’esperto.
Per saperne di più abbiamo voluto chiedere un parere allea autorità cittadine. Il sindaco di centro-destra Marco Bucci è a Londra a parlare di portualità. Nella sala della giunta ci accoglie così Francesco Maresca, assessore al Patrimonio, Mare, Porto e Pesca. Il quale ci spiega le peculiarità di uno scalo “eclettico e in pieno fermento” e promuove il progetto diga “che permetterà di fare entrare nel nostro porto le navi più grandi”. Non si tratta di un grande regalo a Msc?, chiediamo: “Assolutamente no, è un’opera necessaria, un progetto di politica industriale che la città aspetta da tempo e che si deve fare al di là degli operatori”. L’impressione è però che Maresca non abbia vero potere risolutivo. A prendere le decisioni sono altri, altrove. A Ginevra, per esempio, dove nel 2017 sono volati in una sorta di pellegrinaggio il presidente del porto, il sindaco e il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti. Obiettivo del viaggio: incontrare il Comandante e discutere della nuova diga.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Se volete segnalare errori fattuali, inviateci un’e-mail all’indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.