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La cocaina e la nuova rotta del Mediterraneo

I trafficanti di cocaina usano sempre più la cosiddetta "nuova rotta del Mediterraneo": la droga fa tappa a Gioia Tauro, in Calabria, e da lì risale verso nord, Svizzera compresa. Il reportage.

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Il termometro segna 35 gradi quando arriviamo ma una leggera brezza rende il caldo più sopportabile. Gioia Tauro, poco più di 19’000 abitanti, è incuneata tra il Tirreno e l’Aspromonte e le gigantesche torri del suo porto sono visibili a chilometri di distanza: sono giganti d’acciaio alti ognuno quasi cento metri e in grado di manovrare decine di file di container simultaneamente. Con i suoi quasi 5 chilometri di banchine e una superficie totale di circa 4 milioni di chilometri quadrati, questo è uno scalo tra i più importanti del Mediterraneo e d’Europa. Una vera e propria città di lamiera, dove ogni anno circolano gigantesche navi cargo e milioni di container.

Ed è anche una delle porte d’accesso per il fiume di cocaina che sta inondando l’intero continente.

Le inchieste hanno dimostrato che l’hub calabrese si trova al centro di quella che è stata definita la “nuova rotta del Mediterraneo”, usata dai narcotrafficanti in alternativa alle tradizionali rotte che si dirigono verso i grandi porti del Nord Europa. Qui, nel 2021, stando ai dati recentemente pubblicati dal Ministero dell’InternoCollegamento esterno, sono state sequestrate oltre 13 tonnellate di cocaina purissima, che equivalgono al 97% di quella sequestrata nei porti italiani lo scorso anno.

Il porto di Gioia Tauro

Il tenente colonnello Danilo Persano è il comandante del gruppo Gioia Tauro della Guardia di Finanza. È lui insieme ai suoi uomini ad aver messo le mani su tutta questa droga. Ci accoglie nella caserma situata nel perimetro portuale, base dei militari altamente specializzati nel contrasto al traffico internazionale di stupefacenti che monitorano incessantemente i lavori nello scalo.

“Nei soli primi sei mesi dell’anno qui nel porto sono già state sequestrate 11 tonnellate di cocaina”, spiega Persano.  Stando ai dati ufficiali, i sequestri hanno fatto registrare un enorme balzo in avanti già lo scorso anno e le cifre anticipate dal comandante ai nostri microfoni sono i prodromi di un probabile nuovo forte incremento per il 2022.

“Non sequestriamo solo quanto destinato all’Italia, ma anche la droga che passa da qui e che sarebbe dovuta circolare nel resto d’Europa”.

Danilo Persano, tenente colonnello GdF

A cosa si deve, quindi, questa ingente mole di sequestri? “Il fatto è che il traffico di merci collegato al porto di Gioia Tauro è cresciuto molto negli ultimi anni e quindi i criminali non possono fare a meno di utilizzare le navi che dal Sudamerica arrivano in Europa attraverso il porto di Gioia Tauro e anche attraverso gli altri porti italiani”, risponde Persano, sottolineando che questo è anche e soprattutto un cosiddetto porto di “transhipment”.

Significa che la maggior parte dei container che arrivano in Calabria, non sono destinati al mercato nazionale, ma vengono fatti sbarcare per poi essere ricaricati su imbarcazioni più piccole che si dirigono nei quattro angoli del Mediterraneo e del Mar Nero.

“Non sequestriamo solo quanto destinato all’Italia, ma anche la droga che passa da qui e che sarebbe dovuta circolare nel resto d’Europa”, spiega il comandante.

Il ruolo della ‘ndrangheta e della mafia albanese

La Calabria è anche la terra d’origine della ‘ndrangheta, la più potente organizzazione criminale al mondo con diramazioni ormai in decine di paesi. Lo sa bene Michele Albanese. GiornalistaCollegamento esterno, i suoi articoli gli sono valsi una condanna a morte da parte dei clan. Da otto anni vive sotto scorta.
Lo incontriamo davanti a una villa posta sotto sequestro, su una collinetta dalla quale è possibile osservare il porto nella sua interezza. Apparteneva a Pino Piromalli, capo dell’omonima famiglia di Gioia TauroCollegamento esterno, la cosca più importante insieme a quella dei De StefanoCollegamento esterno di Reggio Calabria.

“Oggi nel mondo chi vuole cocaina deve parlare con i calabresi”

Michele Albanese, giornalista

“Gioia Tauro è ritenuta una delle roccaforti della ‘ndrangheta calabrese, per cui giocoforza avere un porto così a casa propria significa utilizzarlo per traffici illeciti. E quello della cocaina per la ‘ndrangheta è il primo business, che la colloca al vertice dei rapporti con i narcos sudamericani. Oggi nel mondo chi vuole cocaina deve parlare con i calabresi”, sentenzia Albanese.

L’intervista scorre tranquilla, ma ogni volta che passa un’auto lui e i due poliziotti che lo accompagnano si irrigidiscono e tengono gli occhi ben puntati sul veicolo. La ‘ndrangheta, ricorda Albanese, trae enormi benefici dal traffico internazionale di cocaina. I suoi uomini, diventati veri e propri broker nel mercato di questo oro bianco, “comprano un chilo di cocaina nei paesi sudamericani che la producono (Colombia, Bolivia e Perì, ndr.) per circa 800 dollari e dallo stesso ne ricavano fino a 80’000 euro”.  Un guadagno enorme, che nell’arco di vari decenni ha permesso alla mafia di arricchirsi e permeare l’economia reale.

Altri attori, tuttavia, si stanno ritagliando un ruolo di primo piano nel panorama del narcotraffico internazionale, come le organizzazioni criminali albanesi che – sottolinea il giornalista – “hanno ricevuto mandato di trattare direttamente partite di cocaina dal Sudamerica, utilizzando anche le garanzie della ‘ndrangheta e diventando un pezzo importante per l’importazione di cocaina in Europa”.

La Svizzera come crocevia

Anche la Svizzera è interessata a questi traffici, nonostante la dogana di Chiasso-Brogeda disti oltre 1’200 chilometri da Gioia Tauro. Parte della cocaina che transita dal porto risale infatti verso nord, nascosta nei camion e nei doppifondi delle auto. La Confederazione si trova dunque lungo uno degli assi stradali più trafficati, e il Ticino è una delle sue porte d’ingresso. Diverse inchieste hanno poi dimostrato che sono proprio le organizzazioni criminali albanesi, i cui affari sono legati a doppio filo con i porti italiani, a gestire parte dello spaccio di droga in Svizzera, soprattutto in Ticino.

Oltre a essere un crocevia, la Confederazione è anche un luogo dove la mafia ricicla il denaro sporco. Inchieste di polizia e giornalistiche Collegamento esternolo hanno confermato, e anche il comandante Danilo Persano lo ribadisce: “La Svizzera viene ancora oggi utilizzata per esportare denaro contante frutto di attività illecite connesse al traffico di sostanze stupefacenti”.

Miliardi di euro di cocaina in un bunker

L’attenzione delle autorità resta alta ma le rotte della droga continuano a cambiare. Nel 2020 (ultimi dati disponibili) sono state sequestrate in Europa oltre 214 tonnellate di cocaina, ma si tratta con ogni probabilità solo di una piccola parte di quella che viene invece immessa sulle piazze di spaccio.

La droga che viene scoperta qui, a Gioia Tauro, viene distrutta, ma in attesa del via libera del tribunale viene conservata in un bunker di cui solo Persano e pochissimi altri conoscono l’ubicazione. Con il comandante siamo rimasti a lungo in trattativa per poterlo visitare e filmare le tonnellate di droga nascoste al suo interno. Alla fine, tuttavia, ci ha negato il permesso. Lì, ha spiegato, è nascosto un quantitativo di cocaina che se immesso sul mercato varrebbe miliardi di euro: “Se veniste a conoscenza di dove di trova il deposito, certe persone potrebbero cercarvi per estorcervi questa informazione con ogni mezzo. Non sto scherzando, abitate in Svizzera ma la distanza che ci separa per le cosche non è nulla”.

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