“L’Europa ha permesso di passare dalla generazione Auschwitz alla generazione Erasmus”
“Un vero figlio dell’Europa”. L’Università di Friburgo descrive così Sandro Gozi, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri italiano con delega agli affari europei. Uno dei primi studenti ad approfittare del programma di mobilità studentesca dell’UE, Gozi ha ricevuto dall’ateneo elvetico una laurea in lettere honoris causa anche per il suo libro, “Generazione Erasmus”. Lo abbiamo incontrato a margine della cerimonia.
tvsvizzera.it: Sottosegretario Gozi, lei è stato uno dei primi ad approfittare del programma Erasmus. Quali sono le principali differenze che vede con gli studenti che possono farlo oggi?
Vedo la stessa curiosità, la stessa voglia di libertà, la stessa voglia di approfittare delle opportunità che l’Europa offre e, giustamente, l’Erasmus è un’opportunità di cui bisognerebbe approfittare. C’è meno spirito pionieristico, e per fortuna! Oggi è molto più normale viaggiare, vedere un altro paese, circolare liberamente. Alla fine degli anni ’80, subito dopo la caduta del muro di Berlino, eravamo veramente in pochi a voler fare esperienze come quelle che l’Erasmus permette.
“L’Europa della paura è il miglior alleato dei populismi xenofobi e razzisti. L’antisemitismo è tornato in Europa, con forza. L’Erasmus è il miglior antidoto a questo veleno”.
tvsvizzera.it: Nel suo libro “Generazione Erasmus”, lei parla di una nuova classe politica “costruttrice di ponti”, non di “muri”. Ma se pensiamo per esempio a Brexit, a chi punta il dito contro Schengen o, in Svizzera, alla votazione contro l’immigrazione di massa del 2014, non sembra che si stia andando invece nella direzione opposta?
No, queste sono le sfide che la generazione Erasmus al potere oggi (che ha cioè posizioni di responsabilità in vari paesi d’Europa) deve affrontare e deve vincere. Ricordiamoci che l’Europa è quella cosa che ha permesso a noi europei di passare, in poco più di quarant’anni, dalla “generazione Auschwitz” alla “Generazione Erasmus”. Perché negli anni 40 i giovani giravano l’Europa non con il programma Erasmus, ma con i treni che magari li portavano nei campi di concentramento. I pionieri della generazione Erasmus, come me e quelli che ci hanno seguito, sono la prima generazione che ha potuto pienamente approfittare dell’Europa. Adesso dobbiamo ridare un po’ all’Europa quello che lei ci ha dato, il che vuol dire lottare contro la voglia di chiusura.
Ci sono degli spacciatori di demagogia a buon mercato che illudono i nostri cittadini che puoi chiudere il mondo fuori dalla porta. Che puoi chiuderti nei confini nazionali, che puoi rinunciare a Schengen, che puoi rinunciare alla libertà di circolazione, che puoi scegliere il protezionismo rispetto alla libertà e che credono che in questo modo si possano risolvere i problemi della nostra società. Invece è esattamente il contrario. È attraverso più cooperazione, più incontro, più dialogo tra popoli e Stati che possiamo vincere sfide come il cambiamento climatico, la lotta al terrorismo, il governo dell’immigrazione, il governo della finanza. Ecco perché c’è bisogno di più Erasmus in politica e nelle istituzioni.
tvsvizzera.it: A cosa pensa sia dovuto il successo dei movimenti antieuropeisti?
È dovuto all’Europa della paura. Oggi gli europei hanno paura. E hanno buone ragioni. Perché ci sono dei nazisti islamici che ci fanno saltare in aria quando andiamo a un concerto rock, come successo al Bataclan o a Manchester. Perché ci sono dei problemi grossi con l’occupazione; tanti giovani non sono sicuri un domani di trovare un lavoro. Perché ci sono dei problemi di controllo dei flussi migratori. Noi dobbiamo accogliere e integrare, ma anche dimostrare di avere la capacità di controllo.
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Questa Europa della paura è il miglior alleato dei populismi xenofobi e razzisti. L’antisemitismo è tornato in Europa, con forza. L’Erasmus è il miglior antidoto a questo veleno. L’Erasmus fa capire che si può dialogare tra religioni, culture e popoli. Ed è proprio per questo che la generazione Erasmus deve indicare il terreno da gioco in cui vincere queste sfide. E il terreno da gioco non è più nazionalismo, meno cooperazione, meno multilateralismo. Ma è più Europa, più governo europeo, più multilateralismo, più cooperazione tra i popoli. È l’unico modo per vincere queste sfide che superano le nostre frontiere.
tvsvizzera.it: Il titolo della conferenza che terrà a Friburgo è “Cittadino europeo e cittadino nazionale”. Sono due termini in contrapposizione?
Sono due aspetti del nostro quotidiano, della nostra identità. Sono due facce della stessa medaglia. È impossibile essere cittadino italiano, francese, tedesco o svizzero senza avere la coscienza di essere parte di una grande comunità di valori, stato di diritto e culturale che è quella europea.
D’altra parte, l’Europa non è nulla se rinuncia alle grandi tradizioni nazionali, all’identità culturale, a tutto quello che fa la ricchezza europea. Il motto “Unità nella diversità” è di grande valore ed avvicina molto l’esperienza della Confederazione elvetica all’esperienza dell’Unione Europea.
tvsvizzera.it: Un recente sondaggio dice che i cittadini svizzeri favorevoli a un’adesione pura e semplice all’Unione Europea sono aumentati, anche se restano in minoranza (sono passati dal 10 al 21%). Secondo lei è questa la strada da seguire per la Confederazione?
Io sarei molto contento se la Svizzera decidesse di aderire all’Unione Europea, ma è una decisione che spetta al popolo svizzero. Da italiano e da europeo mi impegno ogni giorno per rafforzare sempre di più i rapporti tra Svizzera ed Europa e anche per lavorare fianco a fianco agli svizzeri nelle sedi in cui c’è una presenza svizzera. Penso al Consiglio d’Europa e ad altre realtà europee. Ma certo da parte mia non solo non ci sarebbe nessuna obiezione, ma accoglierei gli svizzeri nell’Unione Europea con molto entusiasmo.
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