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Bosco verticale: “Una nuova prospettiva per il futuro delle città”

Vista su Milano, palazzi ricoperti di vegetazione in primo piano.
Il Bosco verticale di Boeri, a Milano, ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali ed è stato replicato in diverse città nel mondo. Copyright 2017 The Associated Press. All Rights Reserved.

Stefano Boeri è famoso in tutto il mondo per i suoi progetti urbanistici che abbinano presenze vegetali a elementi architettonici, come il Bosco verticale di Milano, e che si stanno affermando in diversi paesi. Intervista. 

Recentemente, Stefano Boeri ha lanciato ForestaMi, un progetto di riforestazione urbana promosso dal Comune di Milano che prevede di piantare entro il 2030 tre milioni di nuovi alberi in tutto il territorio della città e della provincia. 

tvsvizzera.it ha parlato con l’architetto per capire come saranno le città del futuro e perché la riforestazione urbana può contribuire in maniera importante a combattere il riscaldamento globale.

tvsvizzera.it: Archistar è un termine che le piace? Lei si sente archistar? 

Stefano Boeri: Non mi sembra un termine felice. Più che muoversi nelle costellazioni l’architettura si muove a raso suolo. Io piuttosto che archistar mi sento archistreet perché il nostro lavoro deve aver contatto diretto con la realtà di chi calpesta e abita il suolo, di chi vive e ha aspettative legate allo spazio abitato. 

Abbiamo bisogno di restare attaccati alla realtà anche se poi questo non esclude il fatto di avere visioni. La testa nel cielo ma i piedi ben per terra.

Milanese, classe 1956, Stefano Boeri è Professore Ordinario di Urbanistica presso il Politecnico di Milano e guest professor in diversi atenei internazionali. 

Nel 2008 ha fondato lo studio Stefano Boeri Architetti che ha aperto nuovi uffici in altre città del mondo. Attento alla progettazione di architetture e luoghi aperti con un focus sulle implicazioni geopolitiche e ambientali dei fenomeni urbani, ha realizzato a Milano Porta Nuova il Bosco Verticale, primo prototipo di edificio residenziale sostenibile con facciate ricoperte di alberi e piante ricevendo numerosi riconoscimenti internazionali. Un progetto ripetuto in altre città del mondo come Il Cairo, Eindhoven, Tirana, Anversa, Nanchino. 

Figlio d’arte (sua madre è la designer Cini Boeri) e già assessore alla Cultura del Comune di Milano, si è occupato, fra l’altro, della ricostruzione dei centri di Amatrice e Norcia colpiti dal terremoto nel 2016 e della costruzione della stazione ferroviaria di Matera. Da febbraio 2018 è presidente della Fondazione La Triennale di MilanoCollegamento esterno.

Qual è l’architetto del passato a cui maggiormente si ispira o che più ha ammirato?

Ce ne sono tanti: uno tra tutti è Frank Lloyd Wright perché alcune delle sue intuizioni straordinarie nel rapporto tra interno ed esterno e nel rapporto con la natura mi hanno molto ispirato. 

Fino a non molto tempo fa gli architetti erano concentrati sui materiali e sulle forme geometriche, oggi sono degli ecologisti con una visione a lungo termine. Cosa è successo? 

Dal punto di vista della disciplina dell’architettura si potrebbe sintetizzare nella incredibile potenza che la natura vivente sta acquistando. L’architettura ha sempre utilizzato materiali naturali come la pietra. 

La natura vivente è però un’altra cosa: introdurre gli alberi, gli arbusti, le piante nella composizione nella facciata di un edificio è qualcosa di diverso. Io credo che oggi ci sia una larga consapevolezza della utilità e della necessità di fare questo passo. E noi siamo contenti di esserne parte. 

Milano con il progetto ForestaMI di cui lei è il direttore scientifico e ha come obiettivo quello di piantare tre milioni di nuovi alberi in 10 anni , può essere considerato un modello a livello internazionale?

Sì, secondo me potrebbe essere un esempio: Milano parte con questa iniziativa tra le prime in Europa, anche se già altre città nel mondo lo hanno fatto. Penso a New York che negli ultimi mesi ha piantato un milione di alberi. Ma anche ad Addis Abeba, in Etiopia che, grazie al suo premier fresco vincitore del premio Nobel, ha investito sul verde in una situazione ambientale non semplice. 

La forestazione urbana è uno dei progetti più importanti delle agende delle grandi metropoli nel mondo.

“Le città come nodi ecologici”

Nonostante le grandi campagne contro la plastica, il grosso dell’inquinamento del nostro pianeta è dato dagli edifici. Quanto è importante la rigenerazione degli edifici esistenti e l’utilizzo di materiali a basso impatto ambientale in quelli nuovi?

Noi stiamo lavorando sia qui che in Cina su un prototipo di edilizia residenziale alta verde e smart con tutti i servizi della rete e accessibile a tutti. E sul legno. Tutti gli edifici che vogliamo costruire hanno il legno come elemento primario non solo nei rivestimenti ma anche nelle strutture. L’uso del legno è un passo importante nell’ottica dell’economia circolare. 

Creare progetti che utilizzano in modo integrale il legno significa utilizzare la prossimità con i boschi, la grande potenzialità produttiva delle imprese che lavorano sulla trasformazione del legno boschivo e la deforestazione. Ma non solo: significa facilitare anche le grandi imprese che lavorano sugli arredi, immaginare un edificio con importanti capacità antisismiche. 

Io credo che il legno sia il futuro e mi piacerebbe pensare che il futuro fosse fatto di città in cui il legno sia l’elemento fondamentale anche della struttura edilizia delle loro abitazioni.

Parlando delle sue opere sicuramente la più nota è il Bosco verticale di Milano che lei sta replicando in varie parti d’Europa dall’Olanda alla Cina, passando anche per Tirana e l’Albania. Si aspettava così tanto successo per questo progetto?

No, non mi aspettavo questo successo mediatico. Mi aspettavo, quello sì, una certa reazione perché quando l’architettura fa qualcosa di nuovo e di inedito assumendosi dei rischi all’inizio genera un enorme scetticismo e spesso anche una reazione di conservazione e rifiuto. Se poi l’edificio riesce a sopravvivere a questa prima fase quando la discontinuità è consapevole del contesto e della storia, può essere potentissima. 

Credo – e lo dico con molta umiltà – che il Bosco verticale sia un manifesto politico dell’apertura di una nuova prospettiva sul futuro delle città. E di questo sono molto contento nonostante tutti i problemi che questo progetto ha comportato essendo un prototipo che, per forza di cose, ha molti aspetti che stiamo cercando di migliorare. 

“Vorremmo che i prossimi boschi verticali fossero disponibili per le famiglie con diversi tipi di reddito perché altrimenti il messaggio che diamo è elitario e superfluo.”

Non è che il Bosco verticale con gli alti costi degli alloggi e anche delle spese di manutenzione, rischia di essere un tipo di edilizia riservato solo ai ricchi?

Stiamo lavorando ad una versione di edilizia sociale del Bosco verticale: vorremmo che i prossimi boschi verticali fossero disponibili per le famiglie con diversi tipi di reddito perché altrimenti il messaggio che diamo è elitario e superfluo. Stiamo replicando il modello del Bosco verticale anche all’edilizia popolare. 

Ad Eindhoven stiamo costruendo un complesso con un attore sociale nell’area della ex Siemens, con un costo di costruzione molto basso e che sarà destinato all’affitto delle giovani coppie; in Cina stiamo facendo due grandi complessi di edilizia pubblica con costi bassissimi. 

Stiamo pensando di costruire anche edifici più bassi ma che abbiano la stessa presenza di elementi vegetali. Il nostro impegno è questo: costruire edifici di questo tipo che siano declinati a secondo delle domande abitative: uffici, residenze, spazi culturali di tutte le dimensioni e di tutte le altezze.

In Svizzera a Chavannes-Près-Renens sul Lago Lemano il suo studio ha progettato la costruzione della Torre dei Cedri. Ma i lavori non sono ancora partiti. Perché?

Abbiamo vinto un concorso nel 2016 subito dopo aver inaugurato il Bosco verticale. I lavori però non sono ancora partiti perché c’è un problema legato alla proprietà. È un progetto molto bello e importante che la comunità di Losanna merita. 

Per ora siamo rimasti a uno studio di fattibilità e a un progetto preliminare. Ci sono dei problemi tra i due proprietari dell’area su cui dovrebbe sorgere il complesso e mi è stato chiesto di svolgere una mediazione. Ma quando gli interessi dei due proprietari divergono… L’architettura ha un ruolo importante nel processo creativo, ma marginale nel processo decisionale. 

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