La gestione degli orsi, tra paura e frustrazione
Per decenni il Trentino è stato considerato un modello di convivenza tra uomini e orsi, tanto che il grande plantigrado, reintrodotto nel parco Adamello Brenta a fine anni 90, proprio da queste parti si è moltiplicato. Oggi sarebbero più di cento gli orsi che vivono nella provincia di Trento.
Quest’anno però è cambiato quasi tutto e l’accettazione sociale nei loro confronti è crollata. Prima la tragedia di Andrea Papi, giovane sportivo aggredito e ucciso da un’orsa a due passi da casa. Poi diversi altri attacchi, tradottisi in spaventi e ferimenti. La paura degli abitanti, una gestione lacunosa e l’allarme degli esperti: con questo clima gli atti di bracconaggio non potranno che aumentare.
Il paese dell’orso
In Slovenia, paese grande appena la metà della Svizzera, vivono senza generare chissà che conflitti con la popolazione tra 1000 e 1200 orsi. Un record mondiale per densità che molti riescono a sfruttare a loro vantaggio. È boom, ad esempio, di agenzie che offrono viaggi fotografici ad appassionati di tutta Europa, che pagano belle cifre per appostarsi in capanni nelle foreste armati di zoom e telecamere.
Ma il modello sloveno nasconde anche aspetti molto più controversi. Ad esempio, l’orso, animale protetto su tutto l’arco alpino, qui viene anche cacciato e mangiato al ristorante. I retroscena di una gestione decisamente unica, le proteste degli animalisti e le risposte di chi sostiene che proprio la Slovenia è il paese più accogliente con il grande predatore.
Il fantasma dell’orso
La Svizzera è il paese alpino per eccellenza ma quella dell’orso è una storia molto complicata. Era il 2005 quando, dopo più di 100 anni, il primo orso tornò a vivere per qualche tempo nel nostro Paese. Ma non durò a lungo, come non durarono a lungo praticamente tutti i pochi esemplari che hanno seguito il suo esempio. L’ultimo è stato M13, la cui permanenza in Val Poschiavo aveva acceso passioni e conflitti.
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