Da tre generazioni, Cicciobello è un po’ il bambolotto (maschio) simbolo dei giochi “femminili”: riproduce un neonato di pochi mesi a grandezza naturale, con i capelli biondi, gli occhi celesti e due guancette rosse. Indossa una tutina azzurra. Ha sempre un ciuccio in bocca, se gli viene tolto piange. Creato nel 1962 da Gervasio Chiari (fondatore allora della fabbrica di bambole “Sebino”), Cicciobello si affermò ben presto come simbolo di intere generazioni di bambine, tanto da venire successivamente proposto in numerose varianti. Un successo che non conosce periodi di crisi, tanto che ancora oggi il bambolotto gode di fama e diffusione in diversi Paesi del mondo.
Esistono tanti tipi di Cicciobello, davvero un’infinità. Ma la caccia ai Cicciobello rari è tutta concentrata sul primo bambolotto della serie, la versione originale del 1962 con la culla e la confezione rossa. Chi la possiede ancora ha in mano un tesoro e al mercato dei collezionisti (perché esistono – eccome – anche i collezionisti, uomini per di più, di Cicciobello) la prima versione ha un prezzo di diverse centinaia di euro.
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Il giocattolo (perché di un giocattolo parliamo) ormai ha superato indenne 53 anni di storia d’Italia, ci ha accompagnato nella seconda decade del nuovo millennio e ancora oggi tiene testa alla concorrenza: pensare che si tratta di una bambola semplice e non ipertecnologica (almeno fino agli ultimi modelli) fa anche piacere, perché vuol dire che in fondo, nonostante ormai le tre generazioni passate (nonne, mamme e figlie), il bambolotto è rimasto quello di sempre. Certo, qualcosa è cambiato, per esempio a Cicciobello è stata persino dedicata una pagina ufficiale su Facebook con cui la bambola interagisce ogni giorno con le sue fan, raccontando le sue avventure e narrando nei particolari la sua storia con aggiunta di immagini, svoltasi in parallelo a quella d’Italia, mentre la bacheca diventa lo spazio ideale per scambiarsi curiosità e consigli su pappe, bisogni dei piccoli e nuovi giochi.
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