“Il freno di emergenza non ha funzionato”
Oltre alla rottura del cavo, l'inchiesta della Procura di Verbania dovrà stabilire perché non abbia funzionato il freno di emergenza della cabina della funivia del Mottarone precipitata domenica causando la morte di 14 persone.
“Sono tutte supposizioni, ma credo ci sia stato un doppio problema – dice il responsabile provinciale del Soccorso alpino, Matteo Gasparini -: la rottura del cavo e il mancato funzionamento del freno di emergenza. Non sappiamo perché non si sia attivato, mentre nella cabina a valle ha funzionato”.
La mancata attivazione del freno, spiega, “ha fatto sì che la cabina, dopo la rottura del cavo, abbia preso velocità, iniziando a scendere, finendo così catapultata fuori dai cavi di sostegno”.
Stresa in lutto
Stresa si è fermata, le campane a lutto e le serrande dei negozi abbassate, per ricordare le 14 vittime della funivia del Mottarone. Un minuto per ciascuna di loro, a partire da mezzogiorno in punto, su invito della amministrazione comunale, che ha proclamato il lutto cittadino per la giornata di lunedì.
Il sindaco e l’amministrazione comunale, si legge sul manifesto listato a lutto esposto fuori dal centro congressi dove il ministro Enrico Giovannini ha incontrato le autorità locali, “sono vicini alle famiglie tragicamente colpite dal drammatico incidente di domenica sulla funivia Stresa-Mottarone, e partecipano con profondo cordoglio al loro immenso dolore”.
Bimbo di 5 anni unico sopravvissuto
Restano gravi le condizioni del bambino di 5 anni unico sopravvissuto all’incidente. Ricoverato all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino, dopo l’intervento di domenica la prognosi resta riservata. Al momento il piccolo è intubato e sedato.
In ospedale, nella tarda serata di domenica, è arrivata la zia del bambino, sorella del padre che nell’incidente è morto con la moglie e con l’altro figlio di due anni. La famiglia, di origini israeliane, viveva nel Pavese.
La ricostruzione dei fatti
Prima un sibilo, poi un boato “pazzesco” e un altro botto, meno forte. In pochi secondi quella che doveva essere la domenica della ripartenza si è trasformata in tragedia.
La funivia del Mottarone, che dal versante piemontese del lago Maggiore sale fino ai 1’491 metri del monte che le dà il nome, è precipitata al suolo.
Tredici persone sono morte sul colpo, tra cui un bimbo di due anni, mentre un altro di nove è morto all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino.
Sull’incidente la procura di Verbania ha aperto una inchiesta e il ministero delle Infrastrutture ha istituito una commissione ispettiva. “L’area è stata posto sotto sequestro, tutto dovrà essere oggetto di verifica”, spiega il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, che al momento ipotizza i reati di omicidio plurimo colposo e lesioni colpose.
La tragedia ha colpito cinque famiglie, tre residenti in Lombardia, una in Emilia-Romagna e una in Calabria. Una famiglia, residente a Pavia, era di origine israeliana e l’unico sopravvissuto è il loro bambino. Tra le vittime anche un 23enne nato in Iran ma residente a Damiante, in Calabria.
Dopo la chiusura tra il 2014 e il 2016, quattro anni fa la funivia, di proprietà del Comune di Stresa, ma gestita da una società privata, era stata sottoposta a importanti interventi di riqualificazione. Da allora la manutenzione era stata sempre effettuata,.
“L’ultimo controllo magnetoscopico della fune è stato effettuato nel novembre del 2020 e gli esiti dello stesso non hanno fatto emergere alcuna criticità”, dichiara Anton Seeber, presidente di Leitner, azienda di Vipiteno che si occupava della manutenzione dell’impianto.
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tvsvizzera.it/fra con RSI
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