Migranti, rimpatri in 4 mesi e 13 Paesi sicuri
In Italia, il ministro degli esteri Luigi Di Maio e quello della giustizia Alfonso Bonafede hanno presentato venerdì il preannunciato decreto sui migranti, che mira a una più puntuale e veloce esecuzione dei rimpatri. La lista dei Paesi sicuri è stata allargata a 13, mentre le procedure sul territorio italiano saranno accelerate: la decisione dovrà essere presa entro 4 mesi, contro gli attuali 2 anni.
Il provvedimento, che ha forma di decreto ministeriale, non è soggetto a un via libera del Consiglio dei ministri. Nondimeno, Di Maio lo ha presentato come “un lavoro di squadra”: il messaggio del governo, ha detto, è che chi ha bisogno è ben accetto, mentre gli altri devono essere rimpatriati in base alle regole internazionali. Il nuovo decreto dovrebbe permettere di accelerare le procedure in oltre un terzo dei casi.
Il ministro ha pure ventilato un pacchetto di accordi con i Paesi africani di partenza per l’Europa attraverso i porti libici, ai quali peraltro ha già lavorato nei mesi scorsi il premier Giuseppe Conte. Ci vorranno nuovi fondi economici, ha chiarito, non tanto per pagare i rimpatri, quanto per implementare gli accordi attraverso i progetti di cooperazione allo sviluppo.
Tunisia inclusa
L’allargamento della lista dei Paesi sicuri cui sinora si è fatto riferimento è possibile in virtù della direttiva europea 2013/32, che dà ai paesi membri una certa discrezionalità nell’individuarli. Vi aveva già fatto riferimento il decreto sicurezza.
Il decreto sui migranti costituisce insomma una stretta, che va nella direzione opposta a chi pone l’accento sul diritto individuale all’asilo. “La soluzione è il blocco delle partenze”, ripete da giorni Di Maio, convinto che con più rimpatri e maggiore cooperazione gli sbarchi si ridurranno.
“La redistribuzione dei migranti non può essere la soluzione definitiva”, aveva detto il ministro degli esteri giovedì, in un’intervista a Rete4, “dobbiamo fare più accordi con democrazie che votano, con Paesi con cui abbiamo fatto accordi commerciali, ad esempio quello sull’olio tunisino”.
Il tema è, fin dalla campagna elettorale del 2018, uno dei più cari al capo politico del Movimento 5 Stelle, il quale ora -senza più Salvini nell’esecutivo- cerca di mettere la sua impronta sul dossier. Tra i leader della maggioranza, era stato uno dei più prudenti sull’accordo di Malta per la redistribuzione dei migranti.
“Il decreto non lede alcun diritto umano, è una questione di procedure farraginose”, ha aggiunto Di Maio, convinto di aver trovato un equilibrio per non innescare malumori negli alleati di governo né nel Movimento.
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