È polemica in Italia dopo che la Corte di Cassazione ha annullato e rimandato al mittente la decisione del tribunale di sorveglianza di Bologna, il quale aveva respinto nel 2016 la richiesta di differimento della pena presentata dei legali del capo dei capi di Cosa Nostra.
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La decisione della Cassazione per la prima volta apre al ricorso della difesa di Riina, che da anni chiede il differimento della pena o i domiciliari per motivi di salute.
I giudici gli hanno negato sempre questo diritto, chiesto tra l’altro in passato anche da Bernardo Provenzano, trattenuto fino alla morte al 41 bis, il carcere “duro”. Ora la richiesta di Riina dovrà tornare al tribunale di sorveglianza di Bologna per rivedere la questione alla luce di quanto sottolineato dalla Cassazione, che ha annullato il primo provvedimento del tribunale, poiché il giudice nel motivare il diniego aveva omesso “di considerare il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico” del boss, ormai ottantaseienne, costretto a letto, incapace anche solo di stare seduto.
Il tribunale non aveva ritenuto che vi fosse incompatibilità tra l’infermità fisica di Riina e la detenzione in carcere, visto che le sue patologie venivano monitorate e quando necessario si era ricorso al ricovero in ospedale a Parma. Ma la Cassazione italiana sottolinea, a tale proposito, che il giudice deve verificare e motivare “se lo stato di detenzione carceraria comporti una sofferenza ed un’afflizione di tale intensità” da andare oltre la “legittima esecuzione di una pena”.
“Mai fuori dal carcere”
“Riina deve finire i suoi giorni in carcere in maniera dignitosa, questo ha detto la Cassazione e questo deve essere fatto. Non può essere presa alcuna ipotesi diversa, perché Riina fuori dal carcere significherebbe una resa dello Stato, di fronte a un criminale che ha sfidato lo Stato, che gli ha dichiarato guerra, compiuto le stragi di Capaci e via D’Amelio. Un criminale che si vantava delle stragi che aveva compiuto e si prefiggeva di farne altre”, ha detto, interpellato dai media, Salvatore Borsellino, fratello di Paolo Borsellino.
“Decisione sensata”
“Lo Stato non è la mafia, non si vendica e non fa ritorsioni. Il richiamo della Cassazione è sensato, abbiamo già perso un’occasione con Provenzano. Così rischiamo di perdere il 41 bis”, ha affermato invece il magistrato Alfonso Sabella, per molti anni in prima fila contro Cosa Nostra.
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