Il Ponte Morandi è crollato il 14 agosto 2018.
Keystone / Luca Zennaro
"Controlli mancanti" e "inadeguati", "nessun intervento per arrestare il degrado" e "la riparazione dei difetti", ma anche "carenze progettuali e difetti costruttivi in fase di realizzazione". Sono queste le cause che hanno determinato il collasso del ponte Morandi, il viadotto autostradale crollato il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone.
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Lo mettono nero su bianco i periti del giudice per le indagini preliminari Angela Nutini: la relazione verrà discussa da gennaio nelle udienze del secondo incidente probatorio.
A concorrere nel disastro, secondo i tecnici, anche i difetti di progettazione e di esecuzione dell’opera come lo stesso ingegnere Morandi aveva detto già pochi anni dopo l’inaugurazione. “Allarmi rimasti inascoltati negli anni”, scrivono i super esperti.
“Di certo, il retrofitting (l’opera di rinforzo delle pile 9 e 10 che avrebbe dovuto iniziare proprio nel 2018) avrebbe evitato il crollo”.
Nell’inchiesta sono indagate 71 persone tra ex manager di Autostrade e tecnici di Spea, la società che si occupava della manutenzione, ma anche dirigenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit) e del Provveditorato per le opere pubbliche. Le accuse sono di falso, crollo doloso, disastro colposo, omicidio colposo plurimo e attentato alla sicurezza dei trasporti.
Nessun fattore esterno
Di sicuro non ci fu nessun fattore esterno a determinare il crollo, come la bobina caduta dal tir. Il crollo è stato determinato dal cedimento dei tiranti della pila 9, quella collassata. “I materiali – si legge nelle 500 pagine – erano di ottima qualità per gli standard dell’epoca”.
Ma se è vero che il Morandi era nato “malato” è dal 1993 che chi lo prese in gestione ne trascurò la manutenzione. Da quella data “non sono stati eseguiti interventi che potessero arrestare il processo di degrado in atto e/o di riparazione dei difetti presenti nelle estremità dei tiranti che, sulla sommità del tirante Sud-lato Genova della pila 9 erano particolarmente gravi”.
Se…
Scrivono i periti: “controlli e manutenzioni che se fossero stati eseguiti correttamente, con elevata probabilità avrebbero impedito il verificarsi dell’evento”. E ancora: “La mancanza e/o l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato”.
Di certo, il retrofitting (l’opera di rinforzo delle pile 9 e 10 che avrebbe dovuto iniziare proprio nel 2018) avrebbe evitato il crollo. Una circostanza avvalorata ancora di più dal fatto che “il crollo non si è propagato alle pile dove i lavori di rinforzo vennero eseguiti”.
Nel video la rinascita del Ponte:
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tvsvizzera.it/fra con ATS
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