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Il mistero delle tombe vuote

Le operazioni erano cominciate di giovedì mattina presto intorno a quelle due tombe nel piccolo cimitero vaticano. C'erano i magistrati, i periti, i medici legali, la gendarmeria, la famiglia. Nessuno si aspettava che le due tombe fossero completamente vuote. Il caso Emanuela Orlandi, in Italia, ha così registrato un nuovo colpo di scena.

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La magistratura vaticana aveva autorizzato l’apertura di due tombe nel Cimitero Teutonico per verificare, dopo alcune segnalazioni, se nel luogo di sepoltura di due principesse potessero esserci anche i resti della ragazza scomparsa 36 anni fa. 

Sono passate da poco le 11 quando Pietro Orlandi esce dalla Porta adiacente al Sant’Uffizio con una espressione incredula: “Le tombe sono vuote, è incredibile”, dice ai giornalisti riferendo di avere provato “sollievo” ma allo stesso tempo di trovarsi, ancora una volta, a ricominciare daccapo. “Credo che si dovrà andare avanti e spero in una collaborazione onesta del Vaticano che, facendo aprire le tombe, aveva ammesso la possibilità di una responsabilità interna. Finché non troverò Emanuela – dice Pietro – è mio dovere cercare la verità”.

Nel giro di pochi minuti il portavoce vaticano Alessandro Gisotti conferma: “Le ricerche hanno dato esito negativo: non è stato trovato alcun reperto umano né urne funerarie”. E la Santa Sede coglie l’occasione per ribadire che “ha sempre mostrato attenzione e vicinanza alla sofferenza della famiglia Orlandi e in particolare alla mamma di Emanuela. Attenzione dimostrata anche in questa occasione nell’accogliere la richiesta specifica della famiglia di fare verifiche nel Campo Santo Teutonico”.

Il giallo resta

Come mai le due tombe sono vuote? Perché non ci sono neanche i resti delle due principesse? Come mai il vano sotto la tomba, una stanza ampia circa 4 metri per 3,70, come riferito dal Vaticano, è ristrutturata con il cemento, materiale di certo non risalente al 1840, epoca della sepoltura delle due principesse? Perché le famiglie delle principessa Sophie von Hohenlohe e Carlotta Federica di Mecklemburgo e i responsabili del cimitero non sapevano nulla?

Tutti interrogativi rimbalzati nella ressa di telecamere e giornalisti davanti al colonnato del Bernini. È Pietro a dire: “Anche i familiari delle principesse a questo punto dovrebbero chiedere che fine hanno fatto le ossa. Noi comunque andiamo avanti”. 

Sul caso di Emanuela Orlandi è di fatto la terza ricerca che viene fatta in luoghi di sepoltura. Nel 2012, spostando la salma di Enrico De Pedis, il boss della banda della Magliana, dalla Chiesa di Sant’Apollinare, tra l’altro a due passi dal luogo in cui Emanuela Orlandi è stata vista per l’ultima volta, fu disposta anche l’analisi delle ossa custodite nella cripta. Ma nulla che riconducesse a Emanuela fu trovato. Un copione che si è ripetuto di recente, dopo il ritrovamento, a fine ottobre 2018, di resti ossei sotto la Nunziatura apostolica in via Po a Roma. Ma anche in quel caso non si trovò nulla relativo al caso della ragazza. Anche oggi “nulla di nulla” per usare le parole che Pietro Orlandi ha ripetuto decine di volte ai giornalisti al termine delle operazioni.

Emanuela Orlandi

Emanuela Orlandi, che oggi avrebbe cinquant’anni, scomparve verso le 19.00 del 22 giugno 1983, dopo essere uscita da una scuola di musica. La ragazza era la figlia quindicenne di un messo della prefettura della Casa pontificia ed era cittadina del Vaticano.

La vicenda si trasformò in un giallo internazionale che coinvolse in pieno il Vaticano: il presunto rapimento finì infatti per intrecciarsi anche con l’attentato di Mehmet Ali Agca contro Papa Wojtyla. Nel corso degli anni vi sono state varie ipotesi e segnalazioni, ma a tutt’oggi il caso Orlandi resta uno dei grandi misteri d’Italia.

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