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Alfie, la corte nega il trasferimento in Italia

Primo piano di Alfie in braccio a un suo genitore
Alfie. Keystone

L'Alta corte britannica ha negato martedì il trasferimento in Italia di Alfie, il bambino inglese affetto da una grave patologia degenerativa le cui condizioni hanno innescato una battaglia legale tra i genitori e i sanitari, che ritengono opportuno interrompere le cure.

Il caso sta dividendo l’opinione pubblica, non solo nel Regno Unito. Tanto che l’Italia ha concesso con un provvedimento urgente la cittadinanza ad Alfie, perché potesse essere accolto dall’Ospedale del Bambin Gesù di Roma o dal Gaslini di Genova che si erano offerti di curarlo.

“Accanimento terapeutico”

Il piccolo è affetto da un’ignota, incurabile patologia neurodegenerativa e l’Alta corte -nell’ultima sentenza di una lunga battaglia legale- ha riconosciuto ai genitori il diritto di portarlo a casa ma non in Italia.

Secondo i giudici, non è nell’interesse di un bambino in stato “semi-vegetativo” con danni cerebrali irreversibili. Si tratterebbe di un “ingeneroso e disumano” accanimento terapeutico.

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La famiglia ha già annunciato il ricorso in appello e l’udienza, conferma la Corte, è fissata per il pomeriggio di mercoledì.

Un nuovo tentativo, nonostante tutti i gradi della giustizia britannica (e la Corte europea per i diritti umani CED) abbiano dato ragione ai sanitari.

Vivo contro le previsioni

Lunedì sera era già stato avviato il protocollo di estubazione e fine vita, ma “la spina” era stata riattaccata il giorno successivo, dopo che Alfie era sopravvissuto 10 ore senza ventilazione artificiale.

Mercoledì, il piccolo è anche tornato a ricevere nutrimento assistito all’ospedale di Liverpool, dopo aver resistito senza “per 36 ore” ed essere ormai entrato nel secondo giorno di vita dopo il distacco del respiratore, riferisce il padre.

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