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La Svizzera può disdire l’accordo sui frontalieri

Donna al volante riprende da una guardia di confine il permesso G consegnato per un controllo
Disdire l'accordo ha effetto solo se al contempo si disdice parzialmente la Convenzione sulla doppia imposizione. Keystone / Elia Bianchi

L'Accordo tra la Svizzera e l'Italia relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri firmato nel 1974 può essere disdetto, ma senza alcun effetto sull'imposizione stessa. È la conclusione di una perizia legale commissionata dal Consiglio di Stato (governo cantonale) ticinese all'Università di Lucerna e di cui l'esecutivo ha preso atto giovedì.

Secondo la professoressa Andrea Opel, autrice della perizia, occorrerebbe anche una disdetta parziale della Convenzione per evitare le doppie imposizioni siglato tra i due medesimi Paesi nel 1976.

+ Testo dell’accordo sui frontalieriCollegamento esterno
+ Testo della ConvenzioneCollegamento esterno

L’Accordo del 1974 prevede il ristorno ai comuni italiani di frontiera -attraverso l’erario di Roma- di parte delle imposte alla fonte che essi pagano in Svizzera.

Da una decina di anni, complici gli scudi fiscali del governo italiano, ha cominciato a essere sentita in Svizzera la necessità di ripensare l’intesa. Nel 2011, il Consiglio di Stato ticinese tentò una prova di forza bloccando per qualche tempo il versamento di metà della quota 2010.

L’Accordo, premette Opel, “è da considerarsi quale contratto indipendente dalla Convenzione”. Non contiene disposizioni riguardo alla sua rescissione e può dunque essere disdetto unilateralmente.

Tuttavia, gli articoli da 1 a 5 dell’accordo sono parte integrante della convenzione e continuerebbero a esplicare i loro effetti a meno di una disdetta parziale che è possibile, spiega a professoressa Opel, “invocando il principio del rebus sic stantibus”, appellandosi al fatto che Roma non voleva che i due trattati fossero collegati.

Si tratterebbe comunque, aggiunge, di un punto di vista un po’ formalista.


 

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Una copia dello studio è stata trasmessa dal Consiglio di Stato ticinese al Consiglio federale (governo). Bellinzona chiede a Berna un aggiornamento sullo stato dei negoziati su una nuova intesa, parafata nel 2015 e mai firmata, e di discutere eventuali altre opzioni.


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