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Frontalieri, “Problema politico, non sindacale”

Sergio Aureli (UNIA) rsi

Sergio Aureli risponde alle critiche giunte dai frontalieri sul sostegno dei sindacati ticinesi

“Se il sindacato avesse ricevuto un invito formale, nei tempi e nei modi corretti, sarebbe stato presente al Frontaday senza problemi. Mi sembra che si voglia scaricare il problema sui sindacati svizzeri, mentre il nuovo sistema d’imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri è un problema di carattere politico”. Così Sergio Aureli (responsabile frontalieri UNIA), ai microfoni della RSI, respinge al mittente le critiche messe nere su bianco, attraverso i social network, da Giulia Giovanna Zamborlin – tra gli organizzatori dell’incontro di sabato 30 gennaio a Lavena Ponte Tresa – per la mancata presenza di UNIA e OCST all’assemblea di protesta contro l’accordo siglato tra Italia e Svizzera in materia di tassazione transfrontaliera.

“I sindacati devono essere invitati -spiega Sergio Aureli- nel senso che devono essere parte del mondo del lavoro. Quindi se si voleva collaborare, benissimo, ma non siamo mai stati coinvolti in questa organizzazione per quanto riguarda il Frontaday. L’invito deve essere un invito formale e non deve essere un “pour parler” tra persone. E a un invito formale noi rispondiamo in modo formale.

Mi permetto di osservare che all’ordine del giorno c’era scritto “sindacati assenti”. Quindi nel momento in cui nell’ordine del giorno, tra i vari argomenti, c’è scritto “sindacati assenti”, mi sembrerebbe anche improprio essere presente. Ma siamo ben disposti a lavorare per i lavoratori perché lo facciamo quotidianamente e professionalmente. Siamo anche ben disposti a un dialogo costruttivo con i lavoratori. Organizzato, prestabilito… non c’è nessun problema. Noi facciamo quotidianamente assemblee con i lavoratori. Quindi non è che ci stacchiamo da questo invito. Anzi.

Vi sentite tra l’incudine e il martello?

A me sembra che si vuole deviare il problema, scaricandolo sui sindacati. Il sindacato è il rappresentante dei lavoratori all’interno del mondo del lavoro. Questo è un problema puramente di carattere italiano. Stiamo cercando di far comprendere allo stato italiano che i lavoratori pagano già le tasse in Svizzera, quindi che l’accordo deve prevedere che almeno non vadano in equità di trattamento ma che possano rientrare in un panorama di correttezza di tassazione. Però ripeto. L’accordo è un accordo che entrerà in vigore nel 2018 se verrà ratificato dai due parlamenti, italiano e svizzero, e avrà un periodo transitorio di 10-15 anni. Quindi stiamo parlando del 2018-2032.

Puntare il dito contro i sindacati? Non c’è nessun problema. Siamo ben disposti al dialogo. Siamo ben disposti al confronto. Non c’è nessun problema. Non siamo mai scappati. I nostri uffici sono sempre aperti”.

Finora sentite di aver fatto fatto abbastanza per i lavoratori frontalieri?

Noi facciamo per i lavoratori. Il sindacato non è il sindacato dei frontalieri. Il sindacato è il sindacato dei lavoratori. Ma non capisco questa polemica…nel senso, la tutela dei lavoratori parte dal presupposto che il mondo del lavoro non è una tassazione italiana. La tassazione italiana è marginale, ci sono dei diritti nel mondo del lavoro. Il mondo del lavoro è composto da diritti e doveri. Il sindacato è partner all’interno di queste realtà. L’obiettivo del sindacato è difendere i lavoratori al momento in cui ci sono dei soprusi, quando vengono licenziati illecitamente, garantire dei salati minimi, delle vacanze che possano essere considerate dignitose, dei contratti che diano delle garanzie per il futuro…questo è il sindacato. La politica ha un altro ruolo: definire delle norme uniformi all’interno degli stati. Ma è la politica. Non è il sindacato.

RSI/NEWSCollegamento esterno/Massimiliano Angeli

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