Intervista a Graziano Storari che avverte politici e sindacati: se non cambia l'accordo italo-svizzero pronti alla lotta
"Chiunque vorrà i nostri voti dovrà passare sotto le nostre forche caudine". A dirlo è Graziano Storari, tra i promotori del Frontaday tenutosi lo scorso 30 gennaio a Lavena Ponte Tresa e fondatore dell'Associazione frontalieri Ticino, nata proprio la settimana scorsa. A testimonianza del fatto che il mondo dei lavoratori italiani in Ticino è in fibrillazione dopo l'intesa raggiunta il 22 dicembre, che deve essere ancora firmata da Roma e Berna (e ratificata dai rispettivi parlamenti) ma che incontra forti opposizioni nelle province a ridosso del confine con il Ticino per il ventilato aggravio fiscale (ancora tutto da definire) che comporta.
Nelle scorse settimane i frontalieri hanno moltiplicato i tentativi di interlocuzione con la politica e hanno cercato di darsi strutture più stabili rispetto al gruppo Facebook, nel tentativo di condizionare a loro favore l'iter attuativo dell'accordo destinato a sostituire quello del 1974. Del resto incombono le elezioni amministrative in importanti centri (oltre a Milano Varese, Busto Arsizio, Gallarate, Malnate, Rho, Lavena Ponte Tresa) e i voti dei 62'000 frontalieri che ogni giorno si recano in Svizzera a lavorare, cui devono aggiungersi quelli dei loro famigliari, fanno gola.
Ma, avvertono i rappresentanti della neonata associazione, non sono gratis. E se non verranno soddisfatte le loro rivendicazioni (fisco sostenibile, spese sanitarie ancora gratuite e garanzie sulla quota di ristorni precedentemente versati dalla Confederazione ai comuni di frontiera) i frontalieri sono pronti a brandire strumenti di lotta. (spal)
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