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Quella scuola svizzera che a Napoli istruiva la comunità protestante

cartolina raffigurante la scuola svizzera di Napoli
L'edificio ideato dall'architetto elvetico Dolf Schnebli è considerato uno dei progetti di edilizia scolastica più riusciti di Napoli. tvsvizzera

La scuola svizzera di Napoli – che operò tra il 1838 e il 1984 – fu la prima scuola svizzera all’estero della storia. Aperta dal pastore protestante Louise Vallette per assicurare una istruzione di qualità alla comunità protestante del Regno di Napoli, ben presto si trasformò in un punto di riferimento per tutta la colonia svizzera. Chiuse i battenti 38 anni fa per il mancato raggiungimento della percentuale minima di alunni svizzeri.

In giro per il mondo esistono 18 scuole che, pur seguendo le regole educative dei Paesi che le ospitano, assicurano ai loro alunni un livello di formazione pari a quello previsto nella Confederazione. Si tratta delle Scuole svizzere all’estero, un’istituzione che si rivolge alla cosiddetta Quinta Svizzera (i cittadini elvetici residenti all’estero) e, in alcuni casi, ai cittadini locali desiderosi di formare i propri figli con standard qualitativi svizzeri.

In Italia esistono quattro scuole svizzere, a Catania, Roma, Bergamo, Milano e Como (quest’ultima succursale dell’istituto milanese). Ma la prima scuola svizzera all’estero della storia è sorta in una città che per circa due secoli ha accolto la più numerosa comunità svizzera della Penisola: Napoli.

Sebbene oggi una delle caratteristiche principali delle scuole svizzere all’estero sia l’aconfessionalità, la nascita di questa istituzione scolastica si deve alla necessità di rispondere a un’esigenza religiosa.

Sotto i Borbone, che per secoli hanno governato (oltre alla Spagna) il Regno di Napoli prima e quello delle Due Sicilie poi, l’istruzione dei giovani cittadini – o quantomeno quelli che potevano permetterselo – era affidata in esclusiva agli ordini religiosi cattolici. E se questo assicurava una buona preparazione scolastica ai figli degli svizzeri di fede cattolica stanziatisi a Napoli, lo stesso non si poteva dire di quelli di fede protestante che per i propri figli dovevano scegliere tra l’accettazione della ritualità cattolica – che spesso si trasformava in veri e propri tentativi di indottrinamento e conversione – o la costosa e spesso inefficiente istruzione domestica.

Agli inizi del XIX secolo la colonia protestante a Napoli era tanto numerosa che un pastore elvetico, Louise Vallette, decise di porre rimedio al problema. Arrivato a Napoli in qualità di Cappellano d’Ambasciata e deciso a rimanervi per pochi anni, Vallette alla fine abbandonò Napoli solo dopo 14 anni dal suo arrivo.

Grazie ai numerosi contatti all’interno della Confederazione, il pastore riuscì a racimolare i fondi necessari a fondare, nel 1838, due scuole evangeliche: una maschile e una femminile.

Nacque così la prima scuola svizzera fuori dal territorio elvetico, anche se all’epoca non era ancora propriamente “svizzera”.

L’interesse di Vallette era assicurare un’istruzione scolastica di qualità a tutta la comunità protestante napoletana, non solo ai discendenti della Confederazione. E infatti, nei primi anni dalla sua nascita la scuola fondata da Vallette ospitò studenti svizzeri, tedeschi, austriaci, inglesi e danesi.

A partire dal 1851 la scuola si diede una veste ufficiale e assunse il nome di “Scuola della Comunità Evangelica per la Colonia straniera di Napoli” trovando sede in Via Cappella Vecchia al civico 30. Lo stesso in cui Vallette fino a quel momento aveva impartito le sue lezioni informali.

Connotazione svizzera (e religiosa)

Fu a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento che la connotazione svizzera della scuola evangelica iniziò a farsi più evidente. Con l’arrivo del nuovo pastore Paul Remy, l’organizzazione scolastica venne fondata sull’insegnamento delle tre lingue nazionali – italiano, francese e tedesco – e vennero per la prima volta accettati cittadini del Regno tra le proprie aule.

Il processo di elvetizzazione della scuola terminò nel 1866 quando, a causa di equilibri politici e nazionalistici mutati, vennero divise la sezione francese e quella italiana. Il cuore della scuola evangelica di Napoli, dunque, tornò ad essere al 100% svizzero. Tanto che, qualche anno più tardi, nel 1915, fu deciso di cambiare definitivamente il nome in “Scuola Svizzera di Napoli”.

Gli anni tra le due guerre furono parecchio turbolenti per i cittadini stranieri in Italia. E anche a Napoli il processo di nazionalizzazione fascista minò l’anima profondamente internazionalista della città partenopea. Ma la scuola svizzera napoletana sopravvisse alle turbolenze della prima metà del Novecento.

Nell’autunno del 1943 Napoli fu la prima città europea a cacciare i nazifascisti e poco dopo, con l’arrivo degli Alleati, la scuola svizzera fu la prima della città a ricevere il nulla osta alla ripresa delle proprie attività.

Il sostegno federale

Gli anni del dopoguerra furono caratterizzati dall’arrivo di fondi consistenti dalla Confederazione. Fino ad allora, infatti, la scuola svizzera era sostenuta dalle donazioni della comunità elvetica di Napoli e dalle donazioni delle istituzioni private svizzere della città. Ma nel 1945 in patria si costituì un Comitato “Pro scuole svizzere all’estero” che portò nel 1947 a un decreto Federale che prevedeva il sostegno economico e organizzativo del governo alle scuole svizzere all’estero.

Furono anni, quelli tra 1950 e il 1960, in cui la scuola svizzera di Napoli divenne un punto di riferimento scolastico in tutta la città. Se da una parte era cominciato il declino della presenza svizzera a Napoli e quindi anche delle iscrizioni di studenti di nazionalità svizzera alla scuola, dall’altra l’apertura agli studenti italiani e figli di stranieri fece schizzare in alto il numero di iscrizioni. Tanto che si fece necessaria la ricerca di una nuova sede.

Un capolavoro architetturale

Il lavoro di progettazione della nuova scuola fu affidato all’architetto svizzero Dolf Schnebli che in patria si era già cimentato con progetti di edilizia scolastica (progettò, tra gli altri, il Liceo Classico di Locarno, definito un capolavoro dell’edilizia scolastica svizzera).

La sede scelta fu in Via Manzoni, sulla collina di Posillipo, dove Schnebli riuscì ad inserire il fabbricato nello splendido contesto naturalistico del colle. Nel 2002 il Corriere del Mezzogiorno definiva l’istituto disegnato dal progettista svizzero come “una delle migliori architetture realizzate dal dopoguerra ad oggi, non solo per il felice inserimento nel verde, ma anche per l’opportuna distribuzione delle funzioni e degli spazi adeguati al fine pedagogico”.

Nel 1967 la scuola svizzera si trasferì nei locali di Via Manzoni. Ci restò per 17 anni. Nel giugno del 1984 la scuola terminò le lezioni. Non fu possibile attivare un nuovo anno scolastico a causa del mancato raggiungimento della percentuale di studenti svizzeri necessaria ad avere i fondi federali.

Oggi i locali della scuola di Schnebli accolgono gli studenti della scuola pubblica Raffaele Viviani. Che per tutti in città rimane ancora la scuola svizzera.


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