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Primo sì alle garanzie da 109 miliardi per Credit Suisse

I dirigenti del Credit Suisse evocati di continuo nella sessione straordinaria delle Camere federali.
I dirigenti del Credit Suisse evocati di continuo nella sessione straordinaria delle Camere federali. © Keystone / Michael Buholzer

Nella prima seduta della Sessione straordinaria dedicata al salvataggio di Credit Suisse (CS), la Camera alta ha approvato, con 29 voti contro 6 (e 7 astenuti), le garanzie finanziarie della Confederazione, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione della banca in crisi da parte di UBS. Della questione si occupa ora l’altro ramo del parlamento elvetico, il Consiglio Nazionale.

Nel corso del dibattito molti senatori hanno apprezzato l’operato delle autorità federali per la tempestività della loro azione, che ha riportato la calma sui mercati finanziari, anche se non mancate le voci critiche nei confronti della dirigenza di Credi Suisse. Al centro del dibattito anche la discussione sulle norme vigenti a tutela delle grandi banche di rilevanza sistemica (“too big to fail”) modificate dopo la crisi del 2008 di UBS, che si sono rivelate carenti e inefficaci.

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La soluzione migliore

L’acquisizione di Credit Suisse (CS) sotto la regia delle autorità federali “è stata la migliore soluzione per evitare una crisi finanziaria dagli effetti incalcolabili che il fallimento della banca avrebbe provocato”, ha detto il presidente della Confederazione Alain Berset in apertura della seduta al Consiglio degli Stati.

Il consigliere federale friburghese ha spiegato che c’erano anche altre ipotesi sul tavolo. La nazionalizzazione del CS è stata scartata a causa dei notevoli rischi che avrebbero corso la Confederazione e le e i contribuenti. Anche il fallimento, ha continuato Alain Berset, non era possibile per le catastrofiche ripercussioni sui privati e sulle imprese che ne sarebbero derivate. Alla fine è stata seguita l’unica via che ha consentito di ristabilire la fiducia dei mercati. 

Questa vicenda, comunque, dimostra come i responsabili della banca, ha sottolineato il titolare del Dipartimento federale dell’interno, non sono stati capaci di trarre lezioni dalla crisi finanziaria del 2008 e di assumersi le loro responsabilità.

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Margine di manovra ridotto

In realtà il margine di manovra delle due Camere è molto circoscritto. Il Governo federale, dopo aver ottenuto il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento, ha infatti preso – in accordo con l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale (BNS) – degli impegni giuridicamente vincolanti, ha ricordato la relatrice della commissione finanze degli Stati, la liberale Johanna Gapany. I parlamentari possono infatti incidere unicamente sulle condizioni che la Confederazione può esigere dalle due banche.

Le due camere sono chiamate ad esprimersi su due crediti. Il primo riguarda una garanzia sul rischio di insolvenza di 100 miliardi che la Confederazione metterà a disposizione della BNS. Questo mutuo disporrà di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il suo rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori (ad eccezione di salari, oneri sociali e alcuni altri impegni privilegiati).

L’altro credito riguarda UBS: Berna fornisce una garanzia a UBS per eventuali perdite derivanti dalla vendita degli attivi del Credit Suisse pari a 9 miliardi. Questa garanzia verrebbe applicata solo se le perdite per UBS sarebbero superiori a 5 miliardi.

Alle due garanzie vanno aggiunti l’assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già il 15 marzo e il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+) di 100 miliardi liberati il 19 marzo.

Questi aiuti non sono garantiti dalla Confederazione, e quindi non sono soggetti ad approvazione da parte del Parlamento. In totale, la Confederazione e la BNS sono quindi esposte per complessivi 259 miliardi.

La sinistra si è opposta alla concessione dei crediti. Carlo Sommaruga ha denunciato il fatto che le condizioni poste per il salvataggio non contengono alcuna garanzia a favore del personale e alla fine l’operazione si risolverà in “una privatizzazione degli utili e una socializzazione delle perdite”.

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Mentre l’indipendente Thomas Minder ha chiesto (invano) la stralcio della garanzia di 9 miliardi in favore di UBS, che avendo realizzato lo scorso anno utili per 7,6 miliardi di dollari, è in grado di assorbire facilmente eventuali perdite.

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Dirigenti CS non al riparo da azioni legali

I “senatori” hanno deciso (senza voti contrari) che la Segreteria generale del Dipartimento delle finanze dovrà esaminare “in maniera approfondita le possibilità di azioni in materia di responsabilità contro le istanze dirigenti di Credit Suisse” e. con 28 voti contro 14, che eventuali garanzie supplementari della Confederazione non potranno essere concesse con procedura urgente.

Da parte sua la “non scelta” lasciata al Parlamento è stata fortemente criticata dall’esponente dell’Unione democratica di centro (destra anti-UE) Hansjörg Knecht secondo cui “non è accettabile che Consiglio nazionale e degli Stati possano solo approvare i crediti” e in futuro “il Parlamento dovrà avere maggiore voce in capitolo”.

C’è inoltre un generale consenso sull’esigenza di inasprire le norme sul “too big to fail” ma divergono i tempi sull’intervento, che solo per la destra e la sinistra (UDC e PS) dovrebbero essere piuttosto stretti.

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