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Trump, al via al Senato il dibattito sull’impeachment

Soldati della Guardia nazionale presidiano Capitol Hill
Soldati della Guardia nazionale presidiano Capitol Hill dove è in corso il procedimento di impeachment contro Donald Trump. Keystone / Michael Reynolds

Si è aperto al Senato il procedimento che potrebbe portare alla condanna di Donald Trump in relazione all'attacco a Capitol Hill.

Secondo quanto ha rivelato la Cnn l’ex presidente avrebbe confidato ad alcuni suoi stretti collaboratori che non c’è in Senato un numero sufficiente di repubblicani favorevoli alla condanna. Da parte loro i suoi avvocati, che hanno definito un “teatro politico” il secondo impeachment a carico dell’ex inquilino della Casa Bianca, hanno presentato una memoria in cui asseriscono l’incostituzionalità del procedimento contro un presidente non più in carica e negano che il suo comizio, che ha preceduto la marcia dei suoi sostenitori verso Capitol Hill – peraltro protetto dal Primo emendamento della Costituzione americana – avesse avuto lo scopo di incitarli ad assaltare il Congresso.

Il dibattito in corso al Senato verte in particolare sulla legittimità del procedimento di impeachment – il quarto nella storia degli Stati Uniti, il secondo a carico di uno stesso presidente e il primo che giunge all’esame del Senato – dopo che l’11 gennaio la Camera dei rappresentanti ha approvato, con 232 voti, la sua messa in stato d’accusa.

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Secondo gli osservatori i democratici – in maggioranza (di misura) anche al Senato – dovrebbero prevalere nella questione di legittimità ma il fatto che la maggioranza di repubblicani ritenga anticostituzionale il procedimento lascia presagire che non ci saranno i numeri per la condanna del miliardario newyorkese: per raggiungere la maggioranza qualificata richiesta (i due terzi della Camera alta) 17 senatori conservatori dovrebbero infatti unirsi ai rappresentanti dem.

Per l’accusa l’ex presidente ha tradito il paese e violato la Costituzione incitando i suoi ad usare la violenza dopo aver pubblicamente dichiarato, senza prove e contro ogni evidenza giudiziaria, che l’elezione del 3 novembre gli era stata “rubata”.

Da parte sua il collegio di difesa argomenta che Donald Trump ha esercitato il suo diritto di libertà d’espressione quando si è rivolto ai suoi sostenitori per domandare che si “battessero” per rovesciare l’esito delle presidenziali. In un documento trasmesso al Senato è stato sottolineato che il loro cliente si è espresso “in senso figurato” nel discorso incriminato.

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tvsvizzera/ats/reuters/spal con RSI (TG del 9.2.2021)


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