Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
quasi una persona svizzera su due afferma di vivere rispettando il clima anche se non è sempre facile rinunciare ad alcune comodità. Lo rivela un sondaggio di Sotomo pubblicato oggi, secondo cui il settore nel quale è più difficile rinunciare ai comfort in nome della protezione dell'ambiente è quello della mobilità.
Stando all’inchiesta commissionata dal fornitore di elettricità bernese BKW, il 44% delle quasi 3’000 persone interrogate nella Svizzera tedesca e in quella francese ritiene che la propria esistenza sia molto o piuttosto rispettosa del clima. Il 48% dichiara poi di pensare a questo aspetto nelle azioni e decisioni quotidiane, ma solo il 28% rivela di aver già rinunciato a qualcosa nell’ambito della mobilità per il bene del clima. Ma volete mettere la comodità dell’automobile? Battute a parte, vi lascio alle altre notizie di oggi.
Buona lettura!
La riesportazione di materiale bellico elvetico verso l’Ucraina è contraria al principio di parità di trattamento sancito dalla Convenzione dell’Aja (1907) sui diritti e doveri degli Stati neutrali in tempo di guerra.
Per questo il Consiglio federale raccomanda al plenum di respingere due mozioni – del PLR e dell’Alleanza del Centro – che domandano un allentamento delle attuali disposizioni che regolano l’esportazione di materiale bellico, in particolare il divieto di riesportare verso Paesi coinvolti in un conflitto armato.
Secondo la deputata lucernese del Centro Ida Glanzmann-Hunkeler quella attuale sarebbe una situazione insoddisfacente che espone la Confederazione a critiche: mentre gli Stati europei sostengono generosamente l’Ucraina nella sua battaglia difensiva contro l’aggressione russa, la Svizzera ostacola questi sforzi con un’interpretazione legalistica e dogmatica della propria legislazione sul materiale bellico, sostiene.
Pur condannando l’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina, circa la revoca delle dichiarazioni di non riesportazione da parte dei Paesi acquirenti, il Consiglio federale asserisce di attenersi ai criteri di autorizzazione della legge federale in materia. Ciò permette di garantire che i paesi che ricevono materiale bellico dalla Svizzera non lo trasferiscano a Stati che non sono autorizzati a riceverlo, specie se coinvolti in un conflitto armato, spiega il governo.
- La notizia ripresa da laregione.chCollegamento esterno.
- La neutralità è protagonista anche del primo episodio del nuovo podcastCollegamento esterno lanciato la scorsa settimana dalla RSI.
- Come l’industria svizzera degli armamenti tra profitto dalla guerra: se ne è parlato qui.
- Il dossier di SWI swissinfo.ch su neutralità ed esercito.
- I dati sulle esportazioni di materiale bellicoCollegamento esterno.
Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha convocato l’ambasciatore cinese a Berna per esprimergli le preoccupazioni della Svizzera in seguito alla pubblicazione del rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla situazione nello Xinjiang.
La Confederazione ha regolarmente comunicato la sua forte preoccupazione per i diritti delle minoranze etniche e religiose nello Xinjiang, ha indicato oggi il DFAE, diretto dal consigliere federale ticinese Ignazio Cassis.
“La Svizzera è convinta che il modo migliore per preservare i propri interessi e il rispetto dei diritti fondamentali sia quello di condurre un dialogo critico e costruttivo con Pechino“, sottolineano i servizi del DFAE.
Gli Affari esteri elvetici esprimono pubblicamente soddisfazione per il rapporto dell’ONU, pubblicato giovedì scorso, che denuncia possibili crimini contro l’umanità nei confronti della comunità uigura e di altre minoranze musulmane. Sarebbero più di un milione le persone attualmente detenute in campi di internamento.
- La notizia approfondita da RSI NewsCollegamento esterno.
- Un recente approfondimento sui diritti umani in Cina a firma della collega Julia Crawford.
- Le conclusioni del summenzionato rapporto delle Nazioni UniteCollegamento esterno.
- Le critiche mosse da Amnesty InternationalCollegamento esterno.
Il comitato promotore dell'”Iniziativa per i ghiacciai” è disposto a ritirare il testo. Il comitato pone però come condizione che il controprogetto indiretto del Consiglio nazionale non venga indebolito nel corso del dibattito al Consiglio degli Stati.
Per chi ha promosso l’iniziativa è chiaro che il controprogetto indiretto, ossia il disegno di Legge federale sugli obiettivi di protezione del clima, non basterà per rispettare l’accordo sul clima di Parigi. Ma l’urgenza richiede misure rapide ed efficaci, indica un comunicato pubblicato stamani. Per questo il comitato è disposto a sostenere la proposta legislativa.
Questa, adottata in giugno dal Consiglio nazionale, sarà trattata dal Consiglio degli Stati nella sessione autunnale che si apre lunedì. Il progetto di legge stabilisce gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra in Svizzera e contiene misure concrete come sussidi fino a 200 milioni di franchi per la sostituzione dei riscaldamenti e la ristrutturazione degli edifici.
Alcuni dei punti contenuti nel controprogetto sono già stati criticati dalla Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia del Consiglio degli Stati, che ritiene il testo poco sostenibile. Da qui, l’asserzione del comitato promotore di un “ritiro condizionato” dell’iniziativa.
- La notizia di agenzia ripresa da SWI swissinfo.ch.
- Il controprogetto indirettoCollegamento esterno adottato dal Consiglio nazionale.
- Il sito del comitato promotoreCollegamento esterno con le argomentazioni in merito.
- La posizione del Consiglio federaleCollegamento esterno.
Rimuovere il CO2 presente nell’atmosfera e immagazzinarlo definitivamente nel sottosuolo è possibile, ma non senza difficoltà.
In Islanda, nei pressi di Reykjavik, c’è infatti un impianto, denominato Orca, alimentato con l’elettricità di una centrale geotermica. I filtri nei collettori separano la CO2 dall’aria; il gas viene poi mischiato con acqua e pompato negli strati di roccia basaltica a una profondità compresa tra gli 800 e i 2’000 metri. Lì dovrebbe rimanere per milioni di anni.
Orca è stato progettato per filtrare fino a 4’000 tonnellate di CO2 all’anno, equivalenti alle emissioni annuali di 600 persone in Europa. Trovandosi attualmente ancora in una fase di avviamento, come è consuetudine per gli impianti innovativi nei primi 18-24 mesi, non ha però ancora raggiunto la sua capacità massima.
Non tutto va però sempre liscio e, a causa del gelo in Islanda, per qualche tempo l’impianto ha smesso di funzionare. Il problema è stato ovviato con alcuni accorgimenti, ha spiegato Judith Hebekeuser, portavoce di Climeworks, l’azienda elvetica che ha messo in funzione l’impianto.
- L’intervista completa a Hebekeuser del collega Luigi Jorio su SWI swissinfo.ch.
- L’articolo dello scorso anno in cui viene spiegato il funzionamento dell’impianto.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative