Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
oggi è stato pubblicato il rapporto d'esercizio 2021 della Banca nazionale svizzera (BNS). Un rapporto di difficile lettura per chi non è del ramo. Vi è però un dato che balza agli occhi: i vertici dell'istituto centrale sono tra i più pagati al mondo. Il presidente della BNS Thomas Jordan ha infatti guadagnato 1,25 milioni di franchi e i due vicepresidenti praticamente altrettanto. A titolo di paragone il presidente della Federal Reserve americana Jerome Powell si deve accontentare di 204'000 dollari, mentre la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde guadagna 503'000 euro. Anche rispetto alle alte cariche delle Stato, il presidente della BNS è lautamente pagato. Un membro del Governo svizzero incassa infatti circa 450'000 franchi.
I soldi comunque non sono tutto. Nella vita ci sono cose ben più importanti del denaro - diceva Groucho Marx. Il guaio - aggiungeva - è che ci vogliono i soldi per comprarle.
Buona lettura.
La giustizia svizzera si attiva per indagare su eventuali crimini di guerra, violazioni dell’embargo o crimini economici nell’ambito della guerra in Ucraina.
Il Ministero pubblico della Confederazione ha istituto una task force Ucraina-Russia che si è riunita per la prima volta una settimana fa sotto la direzione del nuovo procuratore generale della Confederazione Stefan Blättler, si è appreso in alcuni quotidiani del gruppo Tamedia.
Per ora non è stata aperta ancora alcuna procedura penale. La Svizzera – ricordiamo – ha ripreso tutte le sanzioni nei confronti della Russia adottate dall’Unione Europea. Il compito di questo gruppo sarà di fare luce su possibili violazioni dell’embargo, su crimini di guerra (in particolare raccogliendo le testimonianze di chi si è rifugiato nella Confederazione) e su crimini economici.
La Svizzera ha altresì sospeso la collaborazione giudiziaria con Mosca. Una collaborazione oggetto in passato di alcune critiche per il carattere sempre più autoritario del Cremlino. Il Ministero pubblico della Confederazione non fornirà così nessuna assistenza per rogatorie provenienti dalla Russia.
- L’articoloCollegamento esterno del Tages-Anzeiger.
- La notiziaCollegamento esterno riportata dall’agenzia Keystone-ATS ripresa da Ticinonline.
- In questa intervista della Radiotelevisione Svizzera, l’ex procuratrice capo del Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia Carla Del Ponte si esprime sulla guerra in corso e sul ruolo del diritto internazionale.
- In questo approfondimento di swissinfo.ch l’opinione di alcuni esperti di diritto internazionale sulla possibilità di giudicare un giorno i criminali di guerra per il conflitto in Ucraina.
Con le tecnologie digitali, la propaganda e la disinformazione hanno compiuto un ulteriore salto di qualità. Come districarsi in questo disordine?
La prima vittima della guerra è la verità. La frase attribuita al filosofo greco Eschilo è tornata prepotentemente d’attualità in queste ultime settimane con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Da una parte e dall’altra, domina la macchina propagandistica. Una macchina resa ancora più potente negli ultimi anni dalle reti sociali.
Da qui l’importanza delle verifiche fattuali da parte di giornalisti e giornaliste, che se da un lato sono bombardati in senso metaforico da notizie e contro-notizie, dall’altro possono fare affidamento su strumenti di intelligence open source (OSINT) per confutare le affermazioni di un campo o dell’altro.
Verificare i fatti – prima regola di ogni giornalista – non è però il solo modo di combattere la disinformazione. Bisogna anche rendere attenta la popolazione a prestare maggiore attenzione alle “‘fake news” e a evitare nello stesso tempo la loro diffusione. A tal proposito, la fondazione svizzera Hirondelle, che da anni sostiene dei media indipendenti in zone di crisi, ha ad esempio assunto delle personalità del mondo artistico per partecipare a eventi ideati per sensibilizzare la gente a questa problematica. Rimane poi il campo più importante: quello delle reti sociali, che devono dare una risposta più convincente per evitare la propagazione di disinformazione che può anche avere conseguenze letali, come nel caso del popolo rohingya in Myanmar nel 2017.
- L’approfondimento su swissinfo.ch della mia collega Geraldine Wong Sak Hoi.
- FactaCollegamento esterno, il progetto di fact-checking del Corriere del Ticino.
- In questa intervista d’archivio di tvsvizzera.it, il professore dell’Università di Friburgo Pascal Wagner-Egger parla invece delle teorie del complotto.
Il ministro delle finanze Ueli Maurer era martedì a Doha, in Qatar, per discutere di forniture di gas naturale alla Svizzera.
Contrariamente ad altri Paesi europei, per la Svizzera il gas naturale non rappresenta una fonte energetica di primaria importanza. Il 13% dell’energia viene consumata sotto questa forma. A titolo di paragone, in Italia la quota è del 40% circa. Tuttavia, anche la Confederazione importa quasi la metà del gas naturale dalla Russia. Da qui la necessità di trovare alternative.
Per questa ragione, nel quadro di una visita di lavoro in Qatar il ministro delle finanze Ueli Maurer ha discusso oggi con il ministro dell’energia Saad Sherida al-Kaabi di un’eventuale accordo per la fornitura di gas. Le trattative sono solo agli inizi e al momento non sono noti ulteriori dettagli, ad esempio sulle possibili quantità di consegna. Per la Svizzera, i negoziati saranno ora condotti dalla società di approvvigionamento energetico elvetica Gaznat.
In seguito alla guerra in Ucraina, il 4 marzo scorso il Governo elvetico aveva deciso di prendere delle misure per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas per il prossimo inverno. In particolare, le compagnie del gas devono poter procurarsi congiuntamente il gas, le capacità di stoccaggio e gli appositi terminali senza dover temere conseguenze secondo la legge sui cartelli.
- La notiziaCollegamento esterno di Keystone-ATS ripresa da Ticinonline.
- Una recente intervista di swissinfo.ch al direttore generale di Gaznat René Bautz, che evoca in particolare i timori d’approvvigionamento.
Da qualche giorno la multinazionale svizzera Nestlé è al centro delle critiche per non avere interrotto le sue attività in Russia. Il colosso dell’alimentare ha risposto che approvvigiona la popolazione solo in beni di prima necessità.
La pressione sulle aziende che continuano ad operare in Russia si fa sempre più forte. Ne sa qualcosa Nestlé, che ha mantenuto alcune attività. La multinazionale con sede a Vevey è stata aspramente criticata sabato dal presidente ucraino Zelensky, in videocollegamento con le migliaia di persone che hanno partecipato a una manifestazione a Berna. Lunedì è stata poi la volta dell’associazione di azionisti Actares, che ha chiesto a Nestlé di cessare di fare affari in Russia.
La società con sede a Vevey ha risposto indicando di aver fermato tutto l’import e l’export dalla Russa, ad eccezione dei prodotti essenziali. ” Non facciamo più investimenti né pubblicizziamo i nostri prodotti. Non facciamo profitti dalle nostre restanti attività. Il fatto che, come altre società alimentari, riforniamo la popolazione con importanti alimenti non significa che continuiamo come prima”, ha dichiarato un portavoce di Nestlé.
La multinazionale, stando a quanto si è appreso oggi su Le Temps, potrebbe anche aver subito degli attacchi da parte del collettivo Anonymous. I pirati informatici avrebbero tentato di appropriarsi di dati di Nestlé.
- La rispostaCollegamento esterno alle critiche da parte di Nestlé su Ticinonline.
- L’articoloCollegamento esterno di Le Temps sugli attacchi informatici contro Nestlé.
- Perché Nestlé deve rimanere in Russia: un commentoCollegamento esterno pubblicato dal Tages-Anzeiger.
- Il messaggio di Zelenski alla Svizzera su swissinfo.ch.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative