
Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
Ieri a Moutier, nel Giura bernese, si sono svolte delle elezioni suppletive per il legislativo cittadino al fine di sostituire 13 consiglieri comunali che avevano dato le dimissioni alcuni mesi fa, dopo che l'elettorato aveva approvato il passaggio dal Canton Berna al Giura. Non sono però state elezioni normali: i 4'372 aventi diritto di voto avevano la scelta tra… 4'372 candidati e candidate potenziali! (Se volete più ampi dettagli potete cliccare qui).
Complessivamente 1'187 persone hanno ottenuto almeno un voto. Le 13 persone elette ne hanno conquistati da un massimo di 441 a un minimo di 216. Altra particolarità di questa strana tornata elettorale: i prescelti o le prescelte non possono rifiutare l'elezione, a meno di avere ragioni estremamente valide.
Dopo questa notizia perlomeno curiosa, vi lascio alla lettura del nostro bollettino quotidiano.

Dopo il ‘no’ del popolo al pacchetto di aiuti finanziari in favore dei media privati, in Svizzera si affilano le armi in vista della prossima battaglia: l’iniziativa che chiede di ridurre il canone radio-tv.
L’iniziativa popolare – che sarà sicuramente sostenuta dall’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista) – non è ancora stata ufficialmente lanciata ma è nell’aria sin da dopo la bocciatura alle urne, nel marzo 2018, della proposta che si prefiggeva di abolire completamente il canone radiotelevisivo, utilizzato prima di tutto per finanziare la Società svizzera di radiotelevisione (di cui fanno parte swissinfo.ch e tvsvizzera.it), ma anche numerose emittenti private regionali.
Il parlamentare federale dell’UDC Gregor Rutz, membro del comitato che intende promuovere l’iniziativa, ha affermato ai microfoni della radio svizzera tedesca SRF e in un’intervista al Tages-Anzeiger che il testo è in elaborazione, ma che è ancora troppo presto per avanzare cifre precise. Finora, tuttavia, si è spesso parlato di portare il canone a 200 franchi annui al posto degli attuali 335. Secondo Rutz, la SSR è necessaria, ma sta facendo troppo in settori in cui le aziende private sono attive.
Intanto, per far fronte comune a questa iniziativa lunedì si è costituita un’alleanza per la diversità dei media che riunisce una ventina di personalità degli ambienti politici, culturali ed economici. In un piccolo Paese con quattro lingue come la Svizzera – sottolinea il gruppo – non è possibile finanziare tramite il mercato formati di notizie e di fondo autorevoli. Secondo l’alleanza, l’offerta dei canali SSR e delle emittenti private è particolarmente importante per le regioni periferiche e di montagna.
- L’analisi della politologa Martina Mousson del ‘no’ popolare di domenica al pacchetto di aiuti finanziari a favore dei media privati.
- L’intervistaCollegamento esterno del Tages-Anzeiger a Gregor Rutz.
- Il servizioCollegamento esterno di RSI News sulla creazione dell’Alleanza per la diversità dei media.
- La rassegnaCollegamento esterno della stampa svizzera sul Corriere del Ticino.
- Come hanno votato gli svizzeri e le svizzere all’estero? L’analisi della mia collega Pauline Turuban.

Pagare gli studenti e le studentesse migliori affinché decidano di non cambiare aria: è il progetto pilota che intende lanciare l’Università di Zurigo.
Diecimila franchi a semestre, per un totale di quarantamila franchi per i due anni che di solito servono a conseguire il master. È la cifra che l’Università di Zurigo intende pagare ai venti migliori talenti affinché dopo il bachelor decidano di proseguire il loro percorso formativo nell’ateneo.
A darne notizia è il SonntagsBlick. Secondo il giornale domenicale svizzero tedesco, il momento scelto per lanciare questo progetto pilota (che partirà il prossimo autunno) non è casuale: dopo il ‘no’ del Governo all’accordo quadro istituzionale con l’UE, la Svizzera è stata in parte esclusa dal programma di ricerca Orizzonte Europa. L’Università di Zurigo sottolinea dal canto suo il contesto di accresciuta concorrenza tra gli atenei, che aspirano tutti ad attirare i migliori talenti.
Il progetto non fa però l’unanimità, non da ultimo perché l’Università di Zurigo è da anni ai vertici dei ranking delle migliori scuole al mondo e non dovrebbe in teoria avere troppi problemi per convincere gli studenti e le studentesse più promettenti a proseguire i loro studi sulle rive della Limmat.
- L’articoloCollegamento esterno del SonntagsBlick (in tedesco).
- La notiziaCollegamento esterno di Keystone-ATS ripresa dal Corriere del Ticino.
- In questo articolo d’archivio di tvsvizzera.it potete invece scoprire l’altra grande scuola di Zurigo, il Politecnico federale, che da alcuni anni attira un numero crescente di studenti dall’Italia.

Quanto ha inciso la pandemia di Covid sulle spese per le prestazioni sociali? Un bel po’ di soldi, stando alle cifre presentate lunedì dall’Ufficio federale di statistica.
Nel 2020, anno in cui è scoppiata la pandemia, le spese sociali complessive hanno fatto registrare l’aumento più importante degli ultimi 30 anni. In Svizzera la crescita è infatti stata di oltre l’11% rispetto all’anno prima. In totale sono stati spesi 206 miliardi di franchi (190 miliardi di euro), 24 miliardi in più del 2019.
Senza sorprese, ad incidere maggiormente sono state le prestazioni legate alla disoccupazione. Solo per mitigare gli effetti della crisi sul mercato del lavoro sono stati spesi 14,1 miliardi di franchi in più.
L’evoluzione è stata la stessa in tutti i Paesi europei, rileva l’Ufficio federale di statistica. Tuttavia, vi sono differenze assai importanti tra uno Stato e l’altro. Nei Paesi vicini alla Svizzera, la crescita è stata leggermente più contenuta (in Italia, ad esempio, è stato registrato un +8,9%), mentre le progressioni più forti sono state segnalate a Malta (+26,7%) e a Cipro (+19,3%).
- Maggiori dettagli nell’articolo di tvsvizzera.it.
- Il comunicatoCollegamento esterno dell’Ufficio federale di statistica.

L’apicoltura urbana sta avendo un crescente successo. Una buona idea? Non proprio, secondo uno studio dell’Istituto federale di ricerca sulla foresta, la neve e il paesaggio WSL.
Tra il 2012 e il 2018, nelle quattordici città svizzere analizzate dai ricercatori del WSL il numero di siti di apicoltura si è quasi triplicato, passando da 3’139 a 9’370. E un’evoluzione simile è stata osservata in altre città europee, come Parigi, Berlino e Londra. Quella che a prima vista potrebbe sembrare un’ottima cosa, in realtà crea alcuni problemi in termini di sostenibilità.
“L’offerta di risorse floreali è insufficiente a soddisfare le esigenze delle api” – sottolinea il WSL. “Il messaggio chiave dei nostri risultati è che gli spazi verdi non possono tenere il passo con l’attuale densità di alveari“, osserva dal canto suo Casanelles Abella, uno degli autori della ricerca.
Inoltre, le api non sono gli unici insetti impollinatori nelle città. “Quando si stressa un sistema oltre la sua capacità di carico, si esauriscono anche le risorse che contiene. Questo fa soffrire gli altri organismi che vivono della stessa risorsa”, dice Casanelles Abella. Così, la mancanza di cibo colpisce tutti gli insetti che si nutrono delle stesse piante da fiore come le api, sia da allevamento che selvatiche.
- Lo studioCollegamento esterno del WSL.
- Il servizioCollegamento esterno sul tema di RSI News.
- Un articoloCollegamento esterno della rivista italiana Domus sul boom dell’apicoltura urbana e la sua insostenibilità.
- In questo articolo d’archivio di swissinfo.ch ci si interroga invece sui nuovi metodi di apicoltura per evitare la moria di api.

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