La televisione svizzera per l’Italia
Tavolo di marmo con tazzina di caffè nera e confezione di test rapido anti-Covid fai-da-te Roche

Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

bentrovate/i. Esattamente 125 anni fa, si chiudevano i primi Giochi olimpici dell'era moderna, che videro la Svizzera decima per medagliere, con un oro e due argenti. Certo, parliamo di un'edizione con appena quattordici nazioni partecipanti. Nondimeno, fu memorabile l'impresa del nostro ginnasta Louis Zutter, che partecipò a sue spese e affrontò i fortissimi tedeschi (con i quali condivise il viaggio verso Atene) e i numerosi atleti della Grecia, salendo sul gradino più alto del podio nel cavallo a maniglie e risultando secondo nel volteggio e alle parallele.

Siamo in vena di graduatorie, come vedrete anche nel bollettino di oggi. Prima, però, uno temi in votazione popolare il prossimo 13 giugno. Buona lettura,

Quattro giovani uomini attorno a un tavolo guardano laptop con immagini di pistole
Corinna Staffe

La nuova legge svizzera contro il terrorismo, un abuso o una necessità? Il dibattito è giunto fino all’Alto commissariato Onu per i diritti umani.

Il 13 giugno, saremo chiamati a votare tra l’altro sulla Legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (MPT), uno dei pilastri della strategia varata dalla Confederazione nel 2015 dopo gli attacchi al giornale satirico francese Charlie Hebdo.

Per alcuni, il testo non fa che minacciare cittadini onesti. Per altri, protegge in modo ragionevole la popolazione, in una Svizzera che nel 2020 ha vissuto i suoi primi attacchi jihadisti (un omicidio a Morges e un accoltellamento in Ticino) benché non sia stata toccata dall’ondata di attentati su larga scala che ha scosso l’Europa negli ultimi anni.

È opportuno dare alla polizia la possibilità di intraprendere azioni preventive contro i potenziali terroristi -come interrogatori o restrizioni alla libertà di movimento– anche quando essi non sono (ancora) perseguibili?

  • Gli argomenti pro/contro e i dettagli su cosa contempla la Legge (applicabilità dai 12 anni, casi in cui serve la decisione di un giudice, supporto psicologico) nell’articolo della mia collega Katy Romy
  • Equilibrio tra libertà e sicurezza o legge arbitraria? Le argomentazioni di Governo e comitato referendario nel resocontoCollegamento esterno de La Regione Ticino
  • Partecipazione attiva della Svizzera alla lotta al terrorismo: il dossierCollegamento esterno sul sito dell’Ufficio federale di polizia fedpol
Tavolo di marmo con tazzina di caffè nera e confezione di test rapido anti-Covid fai-da-te Roche
Roche 48esima nonostante il suo test rapido. Keystone / Remko De Waal

L’industria farmaceutica svizzera è in ritardo in materia di innovazione, secondo uno studio del Boston Consulting Group (BCG).

La classifica globale compilata dalla società di consulenza strategica, pubblicata giovedì, evidenzia come la pandemia abbia stimolato la ricerca e lo sviluppo nei laboratori. Quest’anno, le farmaceutiche hanno dunque realizzato buoni punteggi, avvicinandosi alle società tecnologiche come Apple, Alphabet e Amazon (che da tempo primeggiano).

A dominare la graduatoria sono però gli USA. Sulle nove farmaceutiche che figurano nella top 50 delle aziende più innovative, le meglio piazzate sono le statunitensi Pfizer (10° posto), Johnson & Johnson (20°), Abbott Labs (29°) e Merck & Co (35°).

Le concorrenti svizzere Novartis e Roche figurano solo al 36° e 48° posto. Pesa certamente il fatto che non abbiano sviluppato un vaccino anti-Covid, ma i vaccini non sono tutto: Moderna risulta 42esima e la britannica AstraZeneca 49esima.

  • Perché non si producono più vaccini in Svizzera? IntervistaCollegamento esterno al farmacista cantonale ticinese, da Ticinonews
  • Omologato in Svizzera, ma bloccato negli USA prima che Berna ne acquistasse una sola dose: notiziaCollegamento esterno sul vaccino anti-Covid Johnson & Johnson dal Corriere del Ticino
  • Pazienti alla mercé delle aziende farmaceutiche a causa degli sconti segreti: un recente approfondimento della mia collega Jessica Davis Plüss
Grafico con indicate principali fonti di emissione di gas effetto serra in Svizzera
swissinfo.ch

Nel 2018, la Svizzera ha consumato 87 milioni di tonnellate di materie prime per far funzionare la sua economia.

Il bilancio, reso noto da un rapporto pubblicato giovedì dal Laboratorio federale svizzero di prova dei materiali e di ricerca (EMPA), include 12 milioni di tonnellate smaltite e 18 di materiali esportati. Di 87 milioni di tonnellate, il solo settore delle costruzioni ne consuma 62.

Analizzando tutti i flussi di materiali ed energia nel Paese, i ricercatori hanno censito le principali fonti di emissioni di gas a effetto serra [immagine] e concluso che se tutti agissero come il 20% di popolazione più esemplare, tali emissioni si ridurrebbero del 16%.

Nell’ambito dello studio, che si chiama MatCH ed è commissionato dall’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), i ricercatori hanno analizzato i flussi di materiali ed energia relativi a costruzioni, mobilità, e produzione e consumo di beni (importati, prodotti in Svizzera o esportati).

Persona sventola bandiera svizzera;dietro di sé bandiera europea
Tomas Wüthrich / 13 Photo

Che ne sarà della Svizzera, se l’accordo quadro con l’Unione Europea si arenerà per ragioni di politica interna?

Il nostro Paese, pur non appartenendo all’UE, partecipa al mercato comunitario e a programmi di formazione e ricerca in virtù di una serie di accordi bilaterali. Bruxelles vorrebbe però che, in futuro, le questioni istituzionali e giuridiche fossero regolate da un accordo onnicomprensivo.

Negoziato tra il 2014 e il 2018, non è mai stato firmato dalla Svizzera poiché da una consultazione del Governo con commissioni parlamentari, Cantoni, partiti e partner sociali sono emerse controversie in almeno tre ambiti: protezione dei salari, aiuti di Stato, direttiva sulla cittadinanza europea.

Ma l’UE esclude qualsiasi rinegoziazione. Come finirà? Un approfondimento di SWI swissinfo.ch propone una breve retrospettiva sui rapporti tra la Svizzera e l’Unione Europea e le riflessioni della politologa Julie Cantalou.

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