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Mosca potenzia l’esportazione di gas verso la Cina

La compagnia russa Gazprom e la cinese CNPC hanno firmato un accordo per l'uso esclusivo di rubli e yuan per la vendita di gas russo alla Cina. Questo per contrastare l'effetto delle sanzioni occidentali alla Russia. Intanto l'economia russa, almeno stando ai dati ufficiali, sembra quindi risentire decisamente meno del previsto delle durissime restrizioni imposte dai Paesi occidentali in seguito alla cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina. E uno dei fattori principali che ha consentito a Mosca di resistere è l'impennata dei prezzi del gas.

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Da febbraio ad agosto, calcola il Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), basato in Finlandia, la Russia ha incassato 158 miliardi di euro dalle esportazioni di petrolio, gas e carbone, rispetto ai 100 miliardi di euro che il Cremlino avrebbe speso per l’offensiva. L’Ue è rimasta il principale importatore di combustibili fossili dalla Russia, per un controvalore di 85 miliardi di euro.

Mosca continua comunque i suoi sforzi per potenziare le esportazioni verso est, in primis la Cina. Nel febbraio scorso, durante una visita a Pechino, il presidente Vladimir Putin ha firmato con il suo omologo cinese Xi Jinping un contratto per la fornitura di gas attraverso una nuova conduttura che dovrebbe trasportare 10 miliardi di metri cubi all’anno, da aggiungere ai 16,5 miliardi già venduti nel 2021. In gran parte attraverso il già esistente gasdotto Sila Sibiry (Forza della Siberia).

La Russia, sempre contando sulla sponda cinese, sta cercando di sviluppare strumenti valutari alternativi al dollaro e all’euro, oltre che per gli scambi bancari, soprattutto con il ricorso al Cips, il concorrente cinese dello Swift utilizzato da 1200 istituzioni finanziarie di 100 Paesi, di cui una ventina russe.


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