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Soluzioni complesse a un problema complesso

Quali strategie per affrontare la migrazione? E quali le priorità e le soluzioni per l’Europa e l’Africa? L’Istituto svizzero di Roma si è fatto promotore di un ciclo di conferenze per capire la complessità di un fenomeno epocale.

“Vogliamo avere un approccio a 360 gradi della questione della migrazione”, sottolinea Jöelle Comé, direttrice dell’Istituto svizzero di Roma.Collegamento esterno

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Non è quindi un caso che per il ciclo di conferenze organizzato a Villa Maraini in novembre, intitolato “Migrazioni, opportunità e tormenti”, siano state riunite così tante personalità provenienti da orizzonti e continenti diversi. Da Yves Daccord, direttore generale del Comitato internazionale della Croce Rossa, a Amadou Chab Touré, ex ministro del Burkina Faso; da Michael Czerny, sottosegretario per le questioni di migrazione e rifugiati presso la Santa Sede, alla senegalese Yayi Bayam Diuof, presidente del Collective of Women against Illegal Migration; e poi ancora rappresentanti delle istituzioni italiane, del mondo accademico, del giornalismo, della cultura, di piccole realtà amministrative…

Un confronto che ha permesso di approfondire nella sua complessità un fenomeno che nei prossimi decenni – vista anche l’espansione demografica nel continente africano – continuerà sicuramente ad essere al centro dell’attualità.

“Credo che l’unico modo per trovare delle soluzioni sia di affrontare il problema da diverse angolazioni. Certo, c’è l’aspetto legato alla sicurezza. Ma ci sono anche le questioni sociali, umanitarie e perfino demografiche. Siamo in un mondo che sta invecchiando e sappiamo di avere bisogno dei migranti. Ma quanti? Lo so, sono discussioni difficili, ma se non le affrontiamo non avremo soluzioni”, osserva Yves Daccord.

Confrontandosi coi rappresentanti dei paesi africani, gli europei “hanno potuto avere un’altra visione delle priorità”, rileva Johan Rochel, autore del saggio “Repenser l’immigration. Une boussole éthique”. Se in Europa si parla innanzitutto di immigrazione e poi semmai di sviluppo e di responsabilità, sull’altra riva del Mediterraneo le priorità sono completamente opposte.

“Abbiamo chiesto all’Unione Europea di rivedere le sue strategie migratorie, costruendo dei ponti invece che dei muri”, sottolinea da parte sua Yayi Bayam Diuof. “Perché qualunque sia l’altezza del muro, i giovani cercheranno di superarlo, anche a costo della loro vita”.

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E se invece di costruire muri o spalancare le porte, si esplorassero altre vie, già intraprese da altri paesi?

“Per noi europei è stato molto interessante ascoltare la rappresentante dell’ambasciata canadese a Roma. Il modello canadese è totalmente differente, spiega Johan Rochel, riassumendo le discussioni avute durante i tre giorni di convegno. Scelgono con attenzione le persone che hanno diritto all’asilo e le vanno anche a cercare. Creano un vero corridoio umanitario selezionando le persone più vulnerabili da accogliere e una volta che arrivano in Canada le accolgono veramente bene”.

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