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Facebook su tastiera
Aggressività in rete - "Nel parlato faccia a faccia il disaccordo è una mossa comunicativa marcata rispetto all'accordo e per questo si tende ad attenuarlo con vari espedienti linguistici. Online le cose sono diverse", dice Filippo Pecoraro. Keystone / Lino Mirgeler

Nelle pagine Facebook di alcuni politici della Svizzera italiana gli utenti danno in prevalenza del tu al politico. Il dissenso viene espresso in modo più aggressivo e duro rispetto al parlato faccia a faccia. Nel periodo considerato, gli attacchi personali aumentano quando si passa dal livello cantonale a livello federale. Il politico lancia la discussione e poi sparisce dalla conversazione che è monopolizzata dagli utenti. Sono questi i principali risultati dell’analisi dei modi del disaccordo in rete realizzata dalla professoressa Angela Ferrari e dal ricercatore Filippo Pecorari dell’Università di Basilea.

I media sociali sono diventati croce e delizia anche dei politici. Il Consiglio federale ha deciso il 21 gennaio 2020Collegamento esterno di sviluppare una strategia e delle linee guida per l’utilizzo dei media sociali da parte del governo elvetico e dell’amministrazione federale su proposta della Commissione di gestione del Consiglio nazionale.

Al Convegno internazionale “Accordi e disaccordi in rete: aspetti linguistici, comunicativi e psicosociali”,Collegamento esterno organizzato dall’Istituto di italianistica dell’Università di Basilea il 23-24 gennaio 2020, hanno partecipato esperti e ricercatori di linguistica provenienti dalla Svizzera e dall’Italia intera. L’avvento dei media sociali ha portato a radicali cambiamenti linguistici, sociali e comportamentali che richiedono nuove competenze linguistiche, comunicative e relazionali.

Ci sono notevoli differenze nella presenza sui media sociali e nel loro uso nella comunicazione istituzionale e governativa. Basti pensare al divario digitale fra il consigliere federale Alain Berset e la consigliera federale Karin Keller-Sutter. Il primo è il reuccio incontrastato dei media sociali molto attivo su Facebook, Twitter e Instagram, mentre la seconda non dispone di profili personali nel mondo della rete.

I media sociali hanno rivoluzionato la comunicazione politica. L’arena digitale consente ai politici di creare un legame diretto con i cittadini senza ricorrere a intermediari, ma favorisce anche la polarizzazione e la facile polemica alimentate dalle emozioni del momento. La divergenza può trasformarsi in attacco personale e addirittura in insulto.

Persona in primo piano
Angela Ferrari, nata a Locarno nel 1961, si è laureata in linguistica e letteratura francese e in linguistica e letteratura italiana all’Università di Ginevra, dove nel 1993 ha ottenuto il titolo di Docteur ès Lettres (Ph.D.) in linguistica italiana (Prix Bally 1994). Dal 2005 è professore ordinario di Linguistica Italiana all’Università di Basilea. Dal novembre 2019 è membro della prestigiosa Accademia della Crusca che è composta da studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana. tvsvizzera.it

Una finta discussione in rete

“I politici lanciano la discussione e la lasciano andare per la sua strada. Dopo aver lanciato il post su Facebook riprendono raramente la parola per contro-argomentare. Le conversazioni con i politici sono in realtà una finta”, sottolinea Angela Ferrari, ordinaria di linguistica all’Università di Basilea che in collaborazione con Filippo Pecorari ha analizzato i contenuti dei post e dei commenti nelle pagine Facebook di quattro politici ticinesi di lingua italiana.

L’analisi degli esperti di linguistica ha preso in considerazione 26’000 parole estratte dalle pagine Facebook di Ignazio Cassis, Manuele Bertoli, Norman Gobbi e Raffaele De Rosa fra ottobre 2015 e luglio 2019.

La quantità di parole estratte da ciascuna pagina dipende dalla frequentazione del mezzo da parte del politico: 11’000 parole per Manuele Bertoli, 9’000 parole per Norman Gobbi, 4’000 parole per Ignazio Cassis e 2’000 parole per Raffaele De Rosa.

Nella loro analisi qualitativa gli esperti hanno comparato le modalità di espressione del disaccordo con il parlato faccia a faccia, con le pagine Facebook di alcuni politici italiani e i testi scritti ordinari. Il confronto con i politici italiani è basato su 12’000 parole estratte dalle pagine Facebook di Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Giuseppe Sala.

Diamoci del tu

Dalla nostra analisi emerge chiaramente la tendenza a dare del tu al politico e a rivolgersi a lui con il nome di battesimo. Questo accade nei tre quarti dei casi, mentre nell’altro quarto si dà del lei o si dice voi, considerando il politico come membro di un partito o della classe politica,” sottolinea la professoressa Ferrari che ha concentrato la sua attenzione sui modi del disaccordo fra politico e utenti.

Primo piano
Filippo Pecorari ha conseguito la laurea in Lettere moderne (2008) e la laurea specialistica in Linguistica teorica e applicata (2011) all’Università di Pavia. Ha ottenuto nel 2014 il dottorato di ricerca in linguistica presso l’Università di Pavia. È impegnato in progetti di ricerca finanziati dal Fondo nazionale svizzero e diretti dalla professoressa Angela Ferrari all’Università di Basilea. Svolge attività d’insegnamento negli atenei di Basilea e Pavia. Le sue ricerche si situano principalmente nell’ambito della linguistica del testo e della pragmatica linguistica. (F.Pecorari)

Nelle interazioni fra gli utenti c’è invece una sostanziale parità nel modo in cui ci si rivolge alle altre persone. “Prevale il tu, ma di poco rispetto al lei. Prevale invece nettamente la tendenza a rivolgersi a un singolo commentatore e non a una pluralità di individui,” mette in evidenza Filippo Pecorari che si è chinato sui modi del disaccordo fra utenti.

Mentre in Svizzera ci si rivolge spesso al politico con l’appellativo “signor” (signor Cassis, signor Bertoli), senza che ciò sia sentito, a differenza di quello che succede in Italia, come squalificante; in Italia emergono spesso i titoli “onorevole” e “ministro”: “In Ticino è stato ufficialmente sconsigliato di utilizzare il termine “onorevole” e i ministri sono detti consiglieri. In rete, di tanto in tanto incontriamo tuttavia sia onorevole sia ministro, certamente per influsso dell’Italia, ma anche dei media ticinesi, che a volte scelgono le denominazioni italiane”, rileva la professoressa Angela Ferrari.

Ritirati! Vergogna!

Nelle espressioni di dissenso verso i politici prevalgono il disaccordo verso la persona e, rispetto al parlato faccia a faccia, l’argomentazione è nettamente meno sviluppata. C’è molta aggressività e molta durezza assertiva e argomentativa dovuta a diversi fattori.

“Siamo nel mondo della politica e i dibattiti televisivi e i vari tweet più in Italia che in Svizzera ci hanno abituati a parole e confronti molto duri e diretti. Politici cattivi maestri, insomma. Ma l’aggressività è anche legata al mezzo, al fatto che siamo in Internet e che l’interlocutore non è fisicamente di fronte al locutore. Il politico viene sentito come più distante e quasi quasi si perde di vista il fatto che può leggere i commenti”, rileva la professoressa Angela Ferrari.

Questa predominanza di disaccordo verso la persona si osserva nettamente anche nelle interazioni fra gli utenti: “Nel parlato faccia a faccia il disaccordo è una mossa comunicativa marcata rispetto all’accordo e per questo si tende ad attenuarlo con vari espedienti linguistici. Online le cose sono diverse: ci si sente autorizzati ad assumere posizioni molto più nette e polarizzate, giungendo talvolta al punto di scadere nell’insulto”, mette in evidenza Filippo Pecorari.

È interessante notare che gli attacchi personali aumentano quando si passa dal livello cantonale al livello federale. “Questo non è dovuto al fatto che il consigliere federale Cassis si espone più degli altri: il politico che si espone di più è il socialista Manuele Bertoli. La maggior aggressività è dovuta probabilmente alla maggiore distanza geografico-sociale che separa i cittadini dai consiglieri federali rispetto ai consiglieri di stato: E poi non dobbiamo dimenticarci che le discussioni analizzate riguardano soprattutto la votazione sulle armi, quando il Ticino si è scontrato con l’opinione di Cassis”, sostiene la professoressa Angela Ferrari.

Foto primo piano di quattro persone, logo facebook.
I quattro politici italofoni i cui commenti nelle pagine Facebook sono stati analizzati. Filippo Pecorari, Università di Basilea

Le differenze fra Svizzera e Italia

Il plurilinguismo della Svizzera si riflette anche nelle discussioni con i politici, in particolare con il consigliere federale Ignazio Cassis, mentre in Italia questo aspetto è del tutto assente. “Questo è dovuto alla particolare geografia linguistica della Svizzera, ma anche al comportamento linguistico dello stesso Cassis, notoriamente poliglotta, i cui post sono fortemente plurilingui: cambia lingua in funzione del tema e della missione agli esteri di cui si parla”, sottolinea la professoressa Angela Ferrari, che continua dicendo: “Alle lingue nazionali, soprattutto nel dialogo a livello cantonale, si aggiunge poi anche il dialetto ticinese, scelto soprattutto, ma non solo, nei dialoghi con Norman Gobbi”.

Nei commenti svizzeri prevale un registro più colloquiale di quello adottato nei commenti italiani, che scelgono piuttosto la varietà standard accompagnata da qualche elemento della lingua parlata soprattutto lessicale.

Nei commenti ai post dei politici della Svizzera italiana s’incontrano talvolta riferimenti alla vita privata offline dei commentatori. “Questo sulle pagine Facebook della politica italiana non succede quasi mai. In Ticino ci sono casi che dimostrano addirittura conoscenza offline fra il commentatore e il politico, cosa che dipende sicuramente dalla piccola estensione del mondo politico della Svizzera italiana. Probabilmente, per trovare qualcosa di simile in Italia dovremmo rivolgerci a pagine Facebook di sindaci o assessori di comuni più piccoli”, aggiunge Filippo Pecorari.

Il mondo della rete riflette la realtà geografica, culturale e linguistica. Fra il mondo reale e il mondo digitale i confini si dissolvono con una fusione fra mezzi tecnici e mezzi linguistici. I confini fra sfera privata e sfera pubblica diventano sempre più labili. Seppur con un certo ritardo rispetto agli Stati Uniti e ad altri paesi anche i politici svizzeri si sono lanciati nel mondo dei media sociali per essere più vicini alla popolazione. È molto probabile che prima o poi anche la consigliera federale Karin Keller-Sutter cederà alle sirene dei media sociali.

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