A sostenerlo è Ivan Adamovich, amministratore delegato dell'istituto zurighese Private Client Bank, che commenta così l'attuale momento sui mercati valutari.
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Il problema è che l’Eurozona non è un’area valutaria ottimale, afferma l’esperto in dichiarazioni riportate dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ) online. “L’euro è una moneta debole, in un certo senso è la lira di oggi”.
Venerdì il corso della valuta europea è sceso a 0,9206 franchi: è il livello più basso osservato dal 15 gennaio 2015, giorno in cui la Banca nazionale svizzera (BNS) abolì la soglia minima di 1,20 fino ad allora fissata in modo unilaterale, scatenando una tempesta sui mercati dei cambi: quel giorno l’euro precipitò a tratti sino a 0,8423 franchi (un valore che peraltro non tutti considerano come effettivo: in alcuni momenti non fu più nemmeno possibile determinare il corso). Oggi l’euro è scambiato a circa 0,93 franchi.
Gli specialisti spiegano l’evoluzione in atto con le preoccupazioni sulla crescita nel vecchio continente. “Il diverso sviluppo economico negli Stati Uniti e in Europa è alla base della debolezza dell’euro”, illustra Thomas Stucki, responsabile degli investimenti della Banca cantonale di San Gallo (SGKB) alla NZZ. Molti osservatori ritengono che l’economia statunitense, sotto il futuro presidente Donald Trump, continuerà a espandersi molto più velocemente di quella dell’Eurozona.
Secondo Adamovich l’unione monetaria potrebbe funzionare meglio se la concorrenza fiscale tra gli stati membri fosse rafforzata, invece di essere limitata. A suo avviso anche mercati del lavoro più flessibili sarebbero un passo nella giusta direzione e le finanze pubbliche avrebbero bisogno di un ripensamento completo. Non sono però attese riforme in merito al momento.
A preoccupare è in particolare la Germania, principale economia dell’area. Secondo Adamovich è solo questione di tempo prima che il freno al debito venga abolito: i necessari investimenti nel settore militare e nelle infrastrutture favoriranno un aumento del debito nazionale. Ma “parte della sofferenza della Germania deriva dal fatto che l’euro si è indebolito per anni”: se la valuta di un paese è debole nel lungo periodo le aziende devono fare meno sforzi, ciò che le rende gradualmente meno competitive a livello internazionale.
Sul quadro complessivo pesano anche i problemi della Francia, i tassi d’interesse sul dollaro, che sono più attraenti di quelli sull’euro, e i timori legati alla guerra in Ucraina. “Come investitore svizzero è necessario prestare attenzione agli investimenti nell’Eurozona”, riassume Stucki: si prevede infatti che il franco si apprezzerà ulteriormente rispetto all’euro nel medio-lungo termine. Adamovich è della stessa opinione, anche perché a suo dire nessuno nell’Eurozona è più interessato a una moneta forte, nemmeno la Germania. “L’industria tedesca è ormai abituata a una valuta debole”, conclude.
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A quanto pare si tratta di un caso isolato: il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) non è a conoscenza di altri connazionali coinvolti in una situazione simile.
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