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Il passaporto italiano meglio di quello svizzero

diversi passaporti
Pochi Paesi sono preclusi a chi detiene un passaporto di uno Stato europeo. © Keystone / Christian Beutler

Facendo astrazione delle restrizioni di viaggio dovute alla pandemia, il passaporto rossocrociato permette di recarsi in 186 Paesi senza avere un visto. Quello italiano in 189.

Da 17 anni a questa parte, la società di consulenza inglese Henley & Partners pubblica un indice Collegamento esternobasato sui dati dell’Associazione internazionale dei trasporti aerei (IATA) che stila la classifica dei passaporti di praticamente tutti i Paesi del mondo.

Anche quest’anno, quelli più ‘appetibili’, ovvero che permettono di viaggiare senza avere un visto nel maggior numero di Stati nel mondo, sono quelli di Giappone e Singapore. Chi ha un passaporto di uno di questi due Paesi può entrare in altri 192 Stati senza dover espletare formalità burocratiche in anticipo.

Senza sorprese, come si può vedere dalla cartina la classifica è dominata dai Paesi più ricchi. Vi è poi un secondo blocco composto soprattutto dagli Stati sudamericani e un terzo da quelli africani e asiatici.

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La Svizzera si trova al sesto posto del ranking (una posizione in più rispetto allo scorso anno), insieme a Norvegia, Stati Uniti, Belgio, Nuova Zelanda e Regno Unito, con 186 destinazioni. Per entrare in 46 Paesi o territori (nel ranking sono  considerati anche territori non autonomi, in particolare delle isole, ad esempio Guam, per cui il numero di destinazioni è superiore rispetto a quello degli Stati ‘veri’) è invece necessario essere provvisti del visto.

Il passaporto italiano è appena un po’ più su nella classifica (3° rango con 189 destinazioni) e contrariamente a quello rossocrociato permette di entrare senza troppe formalità anche in Vietnam, Gabon e Sierra Leone.

Da 57 Paesi in media nel 2006 a 107 oggi

Analizzando l’evoluzione dal primo ranking stilato nel 2006, i cambiamenti sono stati assai importanti.

Se 17 anni fa una persona poteva visitare in media 57 Paesi senza visto, oggi il numero è salito a 107.

Dietro a questo dato si cela però una realtà molto più complessa: “L’aumento complessivo – si legge nel comunicato di Henley & Partners – nasconde un crescente divario tra i Paesi del nord e quelli del sud: i cittadini di paesi come la Svezia e gli Stati Uniti possono visitare più di 180 destinazioni senza visto, mentre i titolari di passaporti di Angola, Camerun e Laos possono entrare solo in circa 50 Paesi”.

Per chi proviene dall’Afghanistan, poi, è praticamente impossibile viaggiare senza ostacoli. Solo 26 Paesi permettono a chi viene da questo Stato di entrare senza visto. O meglio, senza visto prima di arrivare sul posto, poiché molti di questi 26 Paesi prevedono comunque per il cittadino o la cittadina afghana di turno la necessità di farsi rilasciare un visto all’arrivo.

Per Christian Kaelin, presidente di Henley & Partners e ideatore del concetto del Passport Index, questa situazione con cui sono confrontati molti Paesi del sud deve cambiare e ciò è fondamentale per la ripresa post-pandemia: “Passaporti e visti sono tra gli strumenti più importanti che incidono sulla disuguaglianza sociale in tutto il mondo, poiché determinano le possibilità di mobilità globale. Le frontiere entro cui siamo nati e i documenti che possiamo possedere non sono meno arbitrari del colore della nostra pelle. Gli Stati più ricchi devono incoraggiare l’immigrazione positiva per sostenere la ridistribuzione e l’equilibrio delle risorse umane e materiali nel mondo”.

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