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I politici devono dichiarare tutte le loro nazionalità

La cupola di Palazzo federale vista dall interno: la vetrata con la bandiera svizzera e quella di tutti i cantoni.
La cupola di Palazzo federale. Keystone / Alessandro Della Valle

I membri del Consiglio federale e i parlamentari federali devono in futuro dichiarare se possiedono più nazionalità.

La maggioranza del Consiglio nazionale ha approvato un’iniziativa parlamentare del presidente dell’Unione democratica di centro, il ticinese Marco Chiesa.

Contrario il campo rosso-verde, secondo cui la trasparenza sulle nazionalità ha un intento discriminatorio volto ad ingenerare il sospetto che vi siano cittadini di serie “A” e cittadini di serie “B”.

L’intento dell’iniziativa, secondo la consigliera nazionale ecologista Greta Gysin – sostenuta nelle sue argomentazioni dal Partito socialista – è tendenzioso poiché suggerisce l’esistenza di un conflitto di lealtà tra chi è Svizzero per nascita e chi non lo è ma lo è diventato per scelta. Insomma, l’idea che si vuol far passare è che chi possiede anche un’altra nazionalità non sia adatto a rappresentare il paese.

Per il centrista, pure lui ticinese Marco Romano, invece, l’indicazione della nazionalità rappresenta un dato rilevante. Il ticinese, assieme ad altri oratori, ha rinfacciato al campo rosso-verde un atteggiamento contraddittorio, dal momento che questo schieramento politico si erge a paladino della trasparenza ogniqualvolta si tratti di far luce sui legami di interesse degli eletti, fino a chiedere l’origine dei proventi derivanti da attività che nulla hanno a che fare col mandato del popolo, mentre si tira indietro su questo aspetto.

Stando a Tiana Moser (Verdi liberali/ZH), l’intento discriminatorio denunciato dalla sinistra è “tirato per i capelli”. A suo parere, invece, il fatto che si dichiari l’esistenza o meno di più nazionalità è positivo ed ha un effetto propedeutico poiché farà crescere nella popolazione la consapevolezza che molti cittadini svizzeri – uno su quattro – possiedono anche un secondo passaporto. Si tratta di un arricchimento, secondo la consigliera nazionale zurighese, che non fa che illustrare l’apertura e la forte connessione del Paese con l’estero.

Nel suo intervento a favore dell’iniziativa, Damien Cottier (PLR/NE) ha tuttavia giudicato l’esclusione dei consiglieri federali dal progetto una contraddizione che non ha ragion d’essere. La sua proposta di includere anche i membri dell’esecutivo nella modifica dell’ordinanza è stata accolta per 96 voti a 79.

Stando al liberale neocastellano Damien Cottier, non è inutile sapere se un eletto ha una seconda nazionalità, specie per chi è membro di una delegazione che cura i rapporti con altri paesi esteri. Non è poi un caso che i diplomatici svizzeri con doppio passaporto non vengano inviati in Paesi con i quali esiste un legame emotivo. E tale ragionamento viene esteso anche alle consorti.

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