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Erwin “Il Vichingo” Sperisen condannato a 15 anni di reclusione

L'ex capo della polizia civile del Guatemala Erwin Sperisen, detentore della doppia nazionalità svizzera e guatemalteca, è stato condannato in appello venerdì a Ginevra a quindici anni di reclusione. La giustizia l'ha riconosciuto colpevole di complicità nell'assassinio di sette detenuti nel 2006.

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Il crimine commesso dall’imputato è “molto grave”, ha sottolineato venerdì a Ginevra la Camera penale d’appello e di revisione di Ginevra: l’alto ufficiale di polizia ha coperto con la sua autorità l’operazione di un commando intervenuto nel penitenziario in rivolta di Pavon nel 2006 – sfociato nell’esecuzione extragiudiziale di sette prigionieri – “e non si è accontentato di lasciarlo fare”. 

È invece caduta l’accusa di complicità nella morte di altri tre detenuti l’anno precedente. 

Sperisen
Sperisen all’uscita dal tribunale. Keystone

Non sarà incarcerato

Sussistono tuttavia “zone d’ombra” – ha rilevato la Corte – in particolare in merito al coinvolgimento di Sperisen nell’elaborazione del piano di intervento. 

I giudici hanno scelto di condannare l’uomo a 15 anni di reclusione per complicità. Egli beneficerà inoltre delle misure di sostituzione alla detenzione che gli sono state concesse lo scorso autunno, dopo aver trascorso cinque anni in detenzione preventiva. 

Terzo processo

Il processo terminato oggi è stato il terzo intentato al cittadino svizzero e guatemalteco, nato il 27 giugno 1970. Soprannominato “il Vichingo” nel paese latinoamericano a causa della sua imponente statura e della capigliatura color ruggine, egli aveva diretto la Polizia nazionale civile del Guatemala tra il luglio 2004 e il marzo 2007, anno in cui si è rifugiato a Ginevra.

Sposato e padre di tre figli, nella città elvetica risiedeva nel domicilio del padre, ambasciatore del Guatemala presso l’Organizzazione mondiale del commercio. 

È stato arrestato nell’agosto del 2012 in seguito alle accuse mosse contro di lui da varie associazioni. La giustizia svizzera permette di perseguire i detentori di un passaporto elvetico anche se i reati sono stati commessi all’estero.  

Nel giugno 2014 è stato condannato all’ergastolo dal Tribunale criminale di Ginevra, una sentenza confermata nel maggio 2015 dalla Camera penale d’appello e di revisione della Corte di giustizia cantonale.

Con una sentenza emessa nel 2017, però, il Tribunale federale (la corte suprema elvetica) aveva accolto in parte il ricorso contro la condanna. In particolare, l’imputato non sarebbe stato confrontato a testimoni chiave e sarebbe stato violato il suo diritto ad essere ascoltato.


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