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Genova vent'anni dopo

La polizia lancia gas lacrimogeni durante la dimostrazione anti globalizzazione del 20 luglio 2001 a Genova durante il G8. Keystone / Michel Spingler

Ferite (alcune solo rimarginate) e domande (moltissime quelle ancora aperte) nell'incontro a distanza con Monica Di Sisto e Valerio Callieri.

Questo contenuto è stato pubblicato il 19 luglio 2021
Checchino Antonini e Massimo Lauria, RSI News

«No, non ci chiamate “ragazzi di Genova”!», ci avverte Monica Di SistoLink esterno, un'attivista italiana di Fairwatch, che si occupa di commercio equo ed economia solidale. Nel 2001 era anche lei fra le 300'000 persone che si riversarono a Genova per il controsummit dei movimenti sociali di tutto il mondo convocato in parallelo al G8.

Monica Di Sisto e Valerio CallieriLink esterno, scrittore e autore del libro "È cosi che ci appartiene il mondo. Genova 2001, caserma di Bolzaneto" (Feltrinelli, 2021), che in quei giorni fu arrestato e portato nella caserma di Bolzaneto, hanno risposto alle nostre domande su cosa resta di un evento epocale che all’epoca fu travolto da una repressione impressionante al punto che Amnesty International parlò delle giornate del luglio della più grande sospensione dei diritti umani in Occidente dalla fine della Seconda Guerra mondiale.

Eppure quelle marce e quelle reti hanno aperto la strada ai movimenti che conosciamo oggi: Non Una Di Meno, Black Lives Matters, Occupy Wall Street fino ai Fridays for Future di Greta Thunberg.

Ferite e domande si ripropongono nei giorni della ricorrenza mentre quei soggetti sociali - Ong, sindacati, associazioni - rivendicano la lungimiranza delle analisi a proposito di climate change, privatizzazione dei beni comuni, brevettazione dei farmaci e dei semi, diritti delle donne, libertà di movimento dei migranti, commercio equo e finanza solidale.

Nel mirino delle critiche, oggi come ieri, il ruolo delle organizzazioni sovranazionali – Wto, Fmi e Banca mondiale – e l’idea che il mondo si riunisca per il commercio all’indomani di una pandemia che ha viaggiato lungo le filiere lunghe della globalizzazione, le prime ad essere paralizzate dalla pandemia: «Ecco noi quella cosa l’avevamo prevista - spiega Di Sisto - perché non eravamo i “ragazzi di Genova” ma persone di tutto il mondo e di ogni generazione, portatrici di pratiche e di saperi».

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