Armi svizzere anche a chi è in guerra civile
In futuro, all'industria svizzera sarà consentito, a determinate condizioni, di esportare materiale bellico anche verso Paesi implicati in un conflitto armato interno. La ho ha deciso venerdì il Consiglio federale.
Il governo svizzero ha incaricato il DipartimentoLink esterno federale dell'economia di sottoporgli una proposta di modifica della relativa ordinanza, allo scopo di preservare -con un aumento dell'export- una capacità industriale adeguata alle esigenze della difesa nazionale.
Attualmente, le esportazioni di armamenti non sono possibili se il Paese di destinazione è implicato in un conflitto, che sia esso internazionale o interno. Il tipo di materiale e il destinatario finale non danno luogo ad alcuna distinzione.
Questione di flessibilità
Una modifica dell'OrdinanzaLink esterno, secondo il governo, permetterebbe di valutare in maniera più flessibile le singole richieste d'esportazione, pur mantenendo gli obblighi internazionali della Svizzera e i suoi piani di politica estera.
In altre parole, potrà essere concessa un’autorizzazione se non vi è motivo di supporre che il materiale sia impiegato nel conflitto armato e la deroga non sarebbe applicata ai Paesi dove sono in corso guerre civili conclamate, come la Siria o lo Yemen
Dalle file della sinistra (PS, Verdi), non si sono fatte attendere le reazioni negative. Dalla destra, è invece giunto un plauso alla misura.
In questione la neutralità
Con l'allentamento delle restrizioni all'export bellico, scrivono i contrariLink esterno, il governo si inchina all'industria delle armi e mette in pericolo la neutralità elvetica e il suo potenziale come mediatore imparziale nei conflitti.
Per contro, l'UDC (destra conservatrice) "accoglie positivamente" la decisione poiché aiuta a preservare 10'000 impieghi del settore in Svizzera. La neutralità non sarebbe in discussione, poiché si parla di conflitti che coinvolgono un solo Stato.
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